Polifonico di Ruda, un secolo di canto sui palchi internazionali
La formazione, nata nel 1945, si chiamava in origine “Costanza e Concordia”. Molti i maestri che l’hanno guidata, la più longeva è Fabiana Noro
Alex Pessotto
Non è stata un’impresa facile, quella di Pier Paolo Gratton: sintetizzare i cento anni di storia del Polifonico di Ruda. Perché, pur avendo scritto “Il sogno e l’illusione” (Forum editrice, euro 22), un libro di 312 pagine sull’argomento con un bel lavoro di Evaristo Cian in copertina, c’è da scommettere che avrebbe potuto riempirne d’inchiostro il doppio, il triplo. Per capirlo, è sufficiente dare un’occhiata al ricco palmarès della compagine, formato da riconoscimenti ai concorsi di tutto il mondo, a cominciare dalle affermazioni a Gorizia e Udine della fine degli anni Quaranta, quando direttore era Secondo Delbianco, mentre dal gennaio 2003 lo scettro è saldamente tenuto da Fabiana Noro.
Già agli inizi del ‘900 si può far risalire la passione per il canto corale a Ruda, almeno per quello inteso “come prassi d’insieme e, allo stesso tempo, come espressione di una comunità” precisa l’autore. Non mancavano i maestri né alcune formazioni meritevoli di segnalazione come la Società Filarmonica Rudese “Libertas”, attiva secondo alcuni già nel 1919, e come il Gruppo Corale di Ruda, di poco successivo. È stato questo l’humus determinante per la nascita del Polifonico, avvenuta ufficialmente nel 1945 grazie all’impulso di Rolando Cian, esponente di spicco della Dc e sindacalista capace di mettere assieme quanti, in epoca di guerra, non avevano perduto la voglia di cantare. Il Coro, però, allora si chiamava “Costanza e Concordia”: aveva aperto le porte a numerosi elementi di un’altra compagine, l’Arrigo Boito, e già si esibiva sulla scena nazionale. Il “Polifonico” venne dopo, con l’ampliamento del repertorio operato da Tullio Pinat: la sua scomparsa, nel ’61, favorì un breve ritorno di Secondo Delbianco fino alla lunga reggenza (dal ’62 al ’75) del compositore Orlando Dipiazza.
Nel frattempo, la compagine continuava a distinguersi alle competizioni nazionali, in base a una felice tendenza che non si sarebbe interrotta durante l’era del triestino Marco Sofianopulo. Riguardo i tanti applausi, i tanti trionfi il libro contiene anche una bella cernita di immagini che non trascura ovviamente gli anni più recenti, con altri maestri: Gianna Visintin, Andrea Faidutti, Daniele Zanettovich, Gualtiero Lo Nigro, Elisa Ulian fino, appunto, a Fabiana Noro, che vanta la permanenza più lunga a capo del Polifonico. Tanti i suoi meriti: ha maggiormente avvicinato il coro allo studio di registrazione, senza mai perdere di vista un’intensa attività dal vivo e la partecipazione ai concorsi internazionali, con una lunga serie di vittorie che lo confermano tra le eccellenze della regione, un autentico ambasciatore del Friuli. Né vanno dimenticate le collaborazioni: con Glauco Venier, Mauro Maur, Remo Anzovino, Fabio Nieder, oltre che con molti cantanti e attori: da Giuseppe Battiston a Massimo Somaglino, da Rita Maffei a Fabiano Fantini. Una preoccupazione, comunque, c’è e Gratton, che del Polifonico è il presidente, la esprime in chiusura: “Il paese di Ruda a cent’anni di distanza è probabilmente meno motivato nei suoi giovani, meno reattivo a certe sollecitazioni, forse orientato verso altri traguardi”. Insomma, qualche incertezza per il futuro sussiste. E anche di questo Gratton parlerà oggi, alle 17.30, in sala Ajace, a Udine, in una conversazione con Alessio Screm che ha firmato le note introduttive al testo. —
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