Vita e fasti delle “ Tigri” di Gorizia la band che sfidò anche i Beatles
Un libro di Gigi Lo Re rievoca la formazione che agli inizi degli anni Sessanta dalla piccola provincia arrivò alla ribalta nazionale segnando un’epoca
Paolo Marcolin
Com’era bella l’Italia prima del Sessantotto vista dietro il rullante della batteria di un complesso beat. Negli anni fatati del decennio più breve del Novecento, gli anni Sessanta - un piccolo sortilegio della storia, perché in realtà durano pochissimo, dall'apparizione di Bob Dylan e dei Rolling Stones, fino al Sessantotto, quando la politica prenderà il sopravvento sulla fantasia - poteva capitare che quattro amici goriziani lanciassero una sfida ai Beatles a colpi di chitarre elettriche. Erano Le Tigri, uno dei primi gruppi beat italiani, nato nel 1962 dal trascinante entusiasmo di Gigi Lo Re, che alla sua batteria ha dedicato la passione di una vita. Sembra pazzesco raccontarlo oggi, ma allora era tutto più facile, più ingenuo e semplice. Come quella sera che Le Tigri, finita la loro esibizione al Piper, il celebre locale di Roma, trovano in camerino Luchino Visconti che gli propone di suonare un paio di brani da mettere nel film che sta girando. Il film si chiama ‘Vaghe stelle dell’Orsa’, e vincerà nel 1965 il Leone d’oro alla mostra del cinema di Venezia. La folata musicale che porta il gruppo goriziano a Roma arriva dalla fine degli anni Cinquanta, quando anche nella sonnolenta Gorizia il peggio - la guerra, il confine che taglia in due - sembra essere passato. L’onda del boom è una colonna musicale che arriva fino nella provincia italiana e provoca un'eccitazione generale. È quasi una rivoluzione, ingenua e trascinante, inconsapevole e irresistibile. Raccontare oggi di quegli anni significa ritrovare l'autenticità un po' anarchica di quei giorni, quando la fantasia illuminava il presente, e il futuro appariva così pieno di promesse. Basta sfogliare il libro ‘Le Tigri’ (Nuove edizioni della Laguna, 119 pagg., 12 euro) in cui Gigi Lo Re e la sorella Nuccia ripercorrono la vicenda di uno dei gruppi musicali più vivaci della storia musicale goriziana, per ritrovare intatto il brio di quegli anni. Gigi nasce nel 1940, lo stesso anno di Ringo Starr, ed è probabile che a Gorizia come a Liverpool i due bambini, nati col ritmo nel sangue, avranno cominciato a percuotere tutto quello che trovavano sotto le mani. Quando Ringo comincia a suonare in un gruppo è il 1957, mentre il buon Gigi ha già fatto il suo esordio.
È il 31 dicembre 1956, lo scenario è quello del circolo ricreativo della Safog. Pochi mesi prima i genitori gli avevano regalato la sua prima batteria, di legno e di sesta mano. Ma una batteria di colore blu non piaceva a Gigi, che assieme al fratello Rino la ridipinge in crema e la fa luccicare con la porporina. Le prove le fanno nell’oratorio della chiesa di Sant’Ignazio, dove il papà di Gigi fa il sacrestano, e qualche volta non si accorgono che là vicino si officia la messa, tanto che il papà disperato minaccia di buttarli fuori. Gigi comincia a suonare in giro, alle feste, ai tè danzanti. Il suo entusiasmo è trascinante. Alla fine di ogni esecuzione particolarmente indiavolata getta le bacchette per aria, o addirittura verso il pubblico, che lo acclama. La svolta arriva nel 1962, quando Gigi fonda il gruppo delle Tigri, di cui fanno parte anche Tiziano Bainat (voce), Rudi Blanzan (chitarra), Silvano Gratton (chitarra solista), Roberto Sulini (basso) e Franco Ramot (chitarra) che fa della sua soffitta la sala di incisione dove Le Tigri registrano il loro primo 45 giri. In seguito, dopo alcune entrate e uscite, la formazione definitiva conterà, oltre che su Gigi, anche su Giuliano “Speedy” Gregori (chitarra, voce), scompraso proprio l’altro giorno all’età di 74 anni, Mario Grusovin (chitarra, voce, tastiera), Angelo Konjedic (basso, voce, batteria), Edo Scozzai (chitarra, voce, basso). Il 1962 è l’anno dei Beatles e della British invasion e in Italia nascono centinaia di complessi beat. A Trieste ci sono I Maghi e Le Nuove sensazioni, a Muggia gli Altri, a Udine i The Newspapers, a Pordenone gli Alisei, tutti con il nome del gruppo sulla cassa della batteria. Le Tigri sono un passo avanti, tanto che vengono chiamati a suonare in televisione, che allora era solo la Rai, nel programma Gran Premio.
La Durium, casa discografica di Milano, li mette sotto contratto e li fa incidere due dischi. Di serata in serata arrivano al Piper, che nel 1965 è il tempio della musica beat; più che una discoteca un vero e proprio fenomeno sociale, frequentato anche da Alberto Moravia. Gigi e Le Tigri si alternano sul palco con l’Equipe 84 e Caterina Caselli e il successo li spinge a lanciare una sfida nientemeno che ai Beatles, che in quel giugno 1965 sono in Italia, a Milano, a suonare al Vigorelli.
Ma i Fab Four non raccolgono il guanto e Le Tigri festeggiano comunque con un tuffo nella fontana di Trevi, sotto gli occhi divertiti di Gianni Boncompagni. Sono all’apice della gloria. Il papà di Gigi, che oltre che sacrestano fa anche il calzolaio, confeziona sei paia di stivaletti su misura per Le Tigri. Accadono anche episodi divertenti. Un giorno la polizia salva Edo Scozzai dalle forbici di cinque tipi che non amavano i ‘capelloni’. Sono anni indimenticabili, ricorda oggi Gigi, “abbiamo suonato in tutta Italia, conosciuto tutti i nomi più grandi della musica italiana, avuto grande successo”. Come il beat anche Le Tigri tramontano negli anni Settanta, ma non la passione per la batteria di Gigi, che nel 1980 suona per 139 ore di fila, sei giorni, stabilendo un record mondiale. —
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