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Dalla Bora al Viz: dieci parole per i 140 anni de “Il Piccolo”

Da martedì un inserto mensile all’interno del quotidiano dedicato interamente a uno dei termini che raccontano l’anima di queste terre, fino a a dicembre

Arianna Boria
2 minuti di lettura

TRIESTE Dieci parole per celebrare un appuntamento importante, i 140 anni dal primo numero del Piccolo, che uscì, con la firma del fondatore Teodoro Mayer, il 29 dicembre 1881. Dieci parole che, a cadenza mensile, svilupperemo in un inserto di otto pagine all’interno del giornale, a partire dall’edizione del 30 marzo. Ogni numero sarà monografico, dedicato interamente a ciascuna delle parole che abbiamo scelto per raccontare Trieste, Monfalcone, Gorizia. Sono i territori dove Il Piccolo è storicamente radicato, senza per questo rinunciare, lungo il corso della sua lunga storia, a guardare più lontano, facendosi interprete delle aree che una volta erano divise da un confine e che oggi condividono un progetto o un’ispirazione europea. Un’identità geograficamente precisa e riconoscibile del quotidiano, che al tempo stesso ha saputo leggere e analizzare scenari nazionali e internazionali, diventando una voce di riferimento, global prima che il termine diventasse di moda.

Ma torniamo a noi e alle dieci parole che accompagneranno i lettori di qui a dicembre, a partire da Bora, la protagonista del primo inserto in uscita martedì 30, cui seguiranno Caffè, Confine, Porto, Carso, Lingua, Viz, Mule, Bagni, Sardoni. Sono dieci termini, scelti con qualche inevitabile rinuncia, tra i tantissimi che possono raccontare l’anima complessa delle terre sul confine orientale, segnate pesantemente dalla storia del Novecento, ma capaci di rappresentare oggi, con un’unica voce, un’identità plurale, come quella di Gorizia e Nova Gorica capitali della cultura 2025.

Bora, dunque. Ogni inserto proporrà il racconto di uno scrittore, nel primo numero di Pino Roveredo, che con la parola protagonista ha un rapporto speciale. Roveredo nacque in una giornata di bora scura del 1954, una di quelle che nelle pagine centrali dello sfoglio testimoniano le splendide foto di Ugo Borsatti e Adriano de Rota conservate nella Fototeca dei Civici Musei del Comune. Anche la regista Cristina Comencini ha un suo ricordo particolare del vento di Trieste, che infuriava sullo schermo in una delle prime sequenze di film “Va’ dove ti porta il cuore”, da lei diretto venticinque anni fa, nel 1996, dal bestseller di Susanna Tamaro. Nell’inserto inoltre le testimonianze di chi, dal punto di vista professionale, con la Bora ha avuto spesso a che fare, costretto a recuperare oggetti e umani letteralmente destabilizzati. Infine i tanti scrittori che le dichiarano amore incondizionato, come James Joyce, conquistato dalla sua presunta salubrità, o avversione viscerale, come il console britannico Charles James Lever e il suo successore, Richard Francis Burton, quest’ultimo impegnato a escogitare come depotenziarla.

Ognuna delle dieci parole si aprirà come un gioco di scatole cinesi. La prossima, per esempio, Caffè, racconterà la città emporiale, ma anche i locali e la socialità. E, via via, con il Porto si parlerà di traffici e di architetture industriali, con la Lingua si abbraccerà il dialetto, con i Bagni il rapporto simbiotico con il mare.

Uno sfoglio sempre incorniciato dalla riproduzione delle pagine vintage del Piccolo in dialogo con l’attualità. Pillole scelte di centoquarant’anni di vita. —
 

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