Le “Naturografie” di Roberto Ghezzi dove l’ambiente contribuisce all’opera

Delicati stralci di foglie, rami e terra appaiono incorniciati e offerti al fruitore quali paesaggi incontaminati, frammenti di una natura variegata ed affascinante.
Alla Sala Veruda di Palazzo Costanzi di Trieste a Ferragosto è stata inaugurata la personale “Naturografie, un dialogo tra arte, natura e uomo” di Roberto Ghezzi, l’evento è inserito nella programmazione culturale di ESOF 2020 (Trieste città europea della scienza 2020). La mostra, curata da Elena Cantori, Monica Mazzolini e Massimiliano Schiozzi, vuole essere la concreta documentazione di un progetto artistico e scientifico iniziato nel luglio dello scorso anno.
Naturografie è un neologismo di Roberto Ghezzi in cui la rappresentazione della natura diviene necessità creativa espressa mediante la ricerca artistica che porta avanti da parecchi anni. Rappresentazione non concepita come raffigurazione ma come essenza, come viva e pulsante mutazione, un tracciato di rispetto profondo e ammirazione per la natura in cui la collaborazione con l’ambiente è imprescindibile. Un rapporto intenso in cui non vi è solo una inquadratura iconica della vegetazione ma una genesi e una interazione con l’ambiente in quanto le opere vengono lasciate per molto tempo ad agire sul territorio. L’acqua, la terra, il ghiaccio, gli animali, partecipano o meglio sono protagonisti della creazione.
Ghezzi scegli accuratamente i luoghi in cui tale alchimia debba avvenire e prepara la tela con agenti non dannosi per l’ambiente, il suo non è un lavoro prettamente estetico espressivo piuttosto concettuale e filosofico. È un narrare l’uomo nel suo universo, nella creazione costante degli attimi in cui nulla si ferma, interessante la ricerca dei siti, il suo vagare per capire e sentire quale possa essere il luogo giusto del raccontare. La durata dell’esposizione in natura cambia a secondo della collocazione e del percepire dell’artista che definisce i suoi lavori “opere d’arte viva”.
Vi è una sorta di taglio orizzontale nelle naturografie che non viene delineato da colori o vernici ma dalla linea naturale della tela a contatto con l’aria, nessuna opera può essere uguale a un’altra proprio perché la natura agisce quale demiurgo del segno. Le tele prelevate dal luogo di esposizione vengono lasciate ad asciugare per poi fissare, con agenti atti alla conservazione, quegli elementi che hanno contribuito alla creazione dell’opera e solo successivamente montate su telai che ne denotino la libertà di provenienza. Le installazioni sono state realizzate grazie al supporto del Comune di Trieste e di alti importanti partner nei territori del Friuli Venezia Giulia della Slovenia e della Croazia.
La mostra sarà visitabile sino all’8 settembre. Celebrazione tra arte e natura nel segno della bellezza che l’uomo può trovare nella flora e nella fauna; rami, foglie, piccoli sassi, aria, terriccio, fango, radici, sabbia sono gli agenti cromatici che variano dall’indaco al violetto dal beige all’ocra e raccontano del nomadismo di un artista che narra storie di natura. —
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