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La violenza sulle donne al Miela non è solo questione di numeri

Laura Bussani debutta mercoledì nella nuova produzione Bonawentura diretta da Sabrina Morena: «Abbiamo rielaborato casi realmente accaduti»

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TRIESTE Tre a settimana, una ogni 60 ore. Nel 2018 non si è mai registrata una percentuale così alta di vittime femminili in Italia, attesta l'Eures: è il 40,3% il dato che fa pensare, il valore più alto mai censito nel nostro Paese. E se i numeri sono lo strumento più adeguato per capire la realtà, allo stesso tempo rappresentano anche uno strumento utile per ridurre a oggetto le persone, privandole della propria individualità. Punta su questo concetto "Io non sono un numero", la nuova produzione Bonawentura che debutta mercoledì alle 19.30 al Teatro Miela, in replica fino a sabato (ore 16). In scena, Laura Bussani, in uno spettacolo che esalta in particolar modo le sue doti drammatiche e trasformiste.



«Credo non faccia bene alle donne, ma anche alla società intera, che queste vivano continuamente con la paura di incorrere in un caso di violenza o stalking - commenta la regista Sabrina Morena -. Il fatto che siano sempre più diffusi alimenta questo clima del "guardarsi le spalle" e non va bene: dovremmo poter vivere in un luogo privo di relazioni così malate dove manca il rispetto per la persona, perché alla fine di questo si tratta».

«Abbiamo voluto parlare in particolare dell’oggettivazione - spiega - del vedere la persona, in questo caso la donna, come oggetto, come un numero, riducendola a cosa. Il filosofo Gabriel Marcel lo aveva studiato ai primi del '900, e aveva parlato di "spirito di astrazione": quando vuoi far sì che qualcuno sia un nemico lo sminuisci, lo privi delle caratteristiche umane; è un fenomeno studiato in psicologia. Avremo infatti anche un contributo di Andrea Carnaghi, professore associato in psicologia sociale del Dipartimento di Scienze della vita, che in ateneo sta facendo ricerche proprio su questo tema. Troppo spesso le donne sono sono solo numeri della violenza ma dietro ci sono storie terribili, ci sono le vicende singole, c'è l'individualità di ognuna. Perché non esistono solo i femminicidi, ma anche tutti i passaggi dell'abuso, quello che c'è prima e durante. C'è da parte nostra anche la volontà di parlare dei figli che subiscono "violenza assistita", tema altrettanto importante, come abbiamo voluto accennare anche al fatto che spesso la violenza sfocia in una menomazione, con donne sfigurate o accecate con l'acido, che devono affrontare cure mediche per tutta la vita, spesso senza risarcimento alcuno».

«Non ci siamo inventate niente - continua -: abbiamo rielaborato solo casi realmente accaduti. Laura Bussani ha dato un contributo molto importante: è in pratica una coautrice, e ha apportato la sua capacità trasformista e inventiva. Le sue virtù comiche sono ben conosciute ma qui mostriamo il suo lato drammatico e umano più profondo. Un contributo che è anche musicale, molto pop-rock com'è nel suo stile, a partire dalle Pussy Riot: è importante per parlare in modo forte ma allo stesso tempo moderno, cercando anche di uscire da certa vittimizzazione».

Bussani interpreterà diversi personaggi anche maschili, ispirati sempre a testimonianze reali: «ci interessava come l'uomo agisce - spiega Morena - come si pensa dentro la violenza, come si deresponsabilizza mentre la mette in atto, guardando a tutte le fasi da lui agite».

"Io non sono un numero" conterà su una parte visiva di forte impatto, grazie al video allestimento di Den Baruca e la scenografia di Marco Juratovec, fatta di immagini simboliche «che rimandano a situazioni di prigionia, come ad esempio una tela di ragno».

«Abbiamo poi cercato di considerare il fenomeno allargando il tema - aggiunge la regista - e parlando anche delle vittime di tratta come delle donne migranti, le più soggette di tutte alla violenza di genere, che subiscono in doppia, tripla forma. Ovviamente sono piccole finestre, e senza grandi pretese, ma ci siamo documentate attraverso la tanta letteratura sul tema o gli studi dei centri antiviolenza: il ciclo della violenza, l'escalation che aumenta piano piano, è qualcosa di molto studiato. Cerchiamo quindi di fare un discorso scientifico, analizzando la riduzione dell'essere umano femminile a essere insenziente, deprivato della propria umanità, fino che non può più autodeterminarsi».




 

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