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L’arte riscatta vite di solitudine a New York

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Nato nel 1981, il pordenonese Simone Marcuzzi ha esordito con “Vorrei stare fermo mentre il mondo va”, nel 2010 con Mondadori. Sono seguiti altri romanzi, “Dove si va da qui” (Fandango) e l’ultimo, nel 2016, la biografia immaginaria di Vittoriano Cicuttini in “Ventiquattro secondi” (66th and 2nd). La sua è una scrittura lineare che all’orizzonte ha un tema preciso: la giovinezza. O meglio, quello che anche in giovane età si ha la sensazione di aver già perso. Il passato è indubbiamente un elemento di poetica indagato, spesso elemento di paragone nel contesto di un presente più ordinario, benché sereno. O ancora è il tema dello sport che emerge, come nell’ultimo, dedicato a un immaginario campione di basket e dove il basket è affrontato professionalmente, ma non è un romanzo adatto solo ai fanatici del genere, anzi. Marcuzzi ha questo merito: riesce a esaminare temi esistenziali nello scenario che preferisce. E su un grande tema dell’esistenza va il suo suggerimento: «Il libro che più mi ha colpito tra quelli letti nel 2018 è “Città sola” di Olivia Laing (Il Saggiatore). Si tratta di un’opera di non-fiction, quasi un trattato sulla solitudine. Non una solitudine da isolamento, al contrario una solitudine in mezzo alla massa, in un luogo estremamente simbolico come New York. L’autrice, britannica, parte dalla sua personale esperienza di donna trapiantata nella metropoli statunitense per ragioni affettive, e presto rimasta sola. Le sue giornate trovano una ragione nella frequentazione degli archivi di alcuni grandi artisti (tra gli altri vengono raccontati Hopper, Warhol, Darger e Wojnarowicz) la cui poetica può essere letta attraverso la lente della solitudine. Il libro si struttura come una galleria delle loro vite, e Olivia Laing ha la sapienza e la delicatezza di muoversi con uno sguardo personale attraverso la criticità delle loro opere e del loro vissuto, fatto di abbandoni, omosessualità, malattie e metamorfosi urbane. È un libro di scrittura cristallina, e nonostante le esistenze spesso tragiche che racconta, ci convince una volta in più sul potere catartico dell’arte».

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