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Trieste Film Festival: e il pubblico sceglie "The wednesday child"

Grande successo, sale affollatissime nella 27.a edizione della rassegna che incorona il film dell'ungherese Lili Horváth

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TRIESTE. Il pubblico del Trieste Film Festival numero 27 ha scelto: "The wednesday child", opera prima dell'ungherese Lili Horváth, è il lungometraggio che si è aggiudicato ieri sera, davanti alla vasta platea che gremiva la Sala Tripcovich, il Premio Trieste 2016, mentre "Under The Sun", diretto da russo Vitalij Manskij a Pyongyang, nella Corea del Nord, ha conquistato il Premio Alpe Adria Cinema nella sezione dedicata al documentario. Il Premio TFF Corti è andato al cortometraggio "Dissonance" del tedesco Till Nowak.

La giuria del Premio Corso Salani ha invece scelto "Banat - Il viaggio" di Adriano Valerio, "storia di "emigrazione al contrario" - si legge nella motivazione - che indaga i sentimenti di spaesamento e ricerca dell'altro che rano propri anche del cinema di Salani".

Premio Cei - Central European Initiative a "The prosecutor, The defender, The father and his son" della bulgara Iglika Triffonova e - novità di quest'anno - il Premio Osservatorio Balcani e Caucaso è andato a "Chuck Norris vs. Communism" di Ilinca Calugareanu.

Nuova e fresca anche la giuria degli studenti del Liceo Petrarca di Trieste che ha assegnato al cortometraggio "Love on the top of the world" di Jan Cvitkovi„ il Premio #TSFFbacktoschool. Altri riconoscimenti dell'edizione: il Premio Sky Arte assegnato a "Master and Tatyana" di Giedr? Žickyt? nella sezione TriesteFF Art & Sound; l'Eastern Star Award 2016 a Irène Jacob; il Cinema Warrior Award 2016 - Cultural Resistance a Victor Purice.

Inoltre, il forum di co-produzione When East Meets West ha premiato con il Wemw Development Award il progetto "Kentannos" di Victor Cruz (Argentina-Italia). Alla serata finale ha partecipato anche una delegazione del Sindacato nazionale critici cinematografici italiani che ha scelto Trieste Film Festival per la consegna del Premio "Film della Critica 2015" a "Vizio di forma" di Paul Thomas Anderson, ritirato dalla responsabile Marketing della distribuzione Warner Bros Italia.

Con la cerimonia di premiazione di ieri si è conclusa la 27.a edizione del Trieste Film Festival, la più frequentata di sempre. Mai come quest'anno, infatti, le sale hanno registrato una simile presenza di pubblico. A cominciare dal sold out della serata di apertura, con la proiezione di "Sole Alto", dalla quale sono rimaste fuori circa duecento persone, ma continuando anche per i successivi nove giorni di festival (due in più rispetto al 2015) con proiezioni sempre affollate in tutte e tre le sale (Tripcovich, Miela e Fabbri). 550 gli accreditati complessivi (più 10 per cento rispetto allo scorso anno), cui si sommano i circa 350 professionisti del forum di co-produzione When East Meets West, con più di 160 ospiti provenienti da oltre 30 paesi e 95 film (per larga parte accompagnati dal regista e/o dal cast), tra cui quattro anteprime mondiali (due candidati all'Oscar).

Si apprezza, inoltre, l'interesse del Festival a estendersi oltre le sale cinematografiche, abbracciando l'intera città con numerosi eventi extra-cinematografici tra percorsi gastronomici e concerti, passeggiate, incontri e performance che hanno vivacizzato la manifestazione aprendo le porte anche a un pubblico non di soli cinefili.

Un Festival in crescita, insomma, che a partire da una formula e da una squadra consolidate da anni di lavoro comune, può avere ancora margini di sviluppo se adeguatamente sostenuto dalle istituzioni e i partner. Oltre alla soddisfazione per i risultati ottenuti, il direttore artistico Fabrizio Grosoli guarda avanti.

A lui abbiamo chiesto come immagina il futuro della manifestazione, tenendo conto anche dei molti fattori che possono intervenire in un'eventuale rivisitazione: dalla programmazione triennale in base ai nuovi regolamenti di finanziamento regionale da un lato, alla capacità dei grandi Festival e in particolare Cannes e Berlino, nei loro numerosi segmenti, di drenare quasi tutta la produzione artistica mondiale, lasciando quindi pochi margini per la scoperta alle realtà festivaliere più piccole.

«Il gruppo di persone che lavora al Festival è molto coeso - conferma Grosoli -. Si è creata una sorta di identità comune che vogliamo mantenere anche in futuro. Ma è anche vero che il cinema va avanti e il mondo cambia, e sarebbe quindi assurdo non assecondare questi cambiamenti per fossilizzarsi su un'idea di festival che potrebbe non dimostrarsi adeguata alla situazione che ti si crea intorno».

«Le prospettive di crescita ci sono e vorremmo percorrerle - prosegue -. Già quest'anno abbiamo lanciato diversi segnali. Personalmente mi piacerebbe che il festival integrasse sempre di più due anime diverse, quella cinefila e quella popolare. La ricerca, ma anche la festa. Vorrei che Trieste fosse sempre di più il luogo in cui si arriva da tutta l'Europa o dal mondo perché qui succedono delle cose. Nel circuito dei festival Trieste si è già conquistato un ruolo che bisogna mantenere e rafforzare».

«Credo molto nella crescita del pubblico professionale di When East Meets West - conclude -, credo nella presenza di ospiti internazionali, credo molto anche negli eventi collaterali e nei percorsi che coinvolgono l'intera città».

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