La bora a Torino finisce dentro un televisore VIDEO
Fino al 13 dicembre l'opera del videoartista ravennate Yuri Ancarani alla Galleria d'Arte moderna e contemporanea (GAM) di Torino: 13 anni di vento raccolti in un Brionvega

TORINO "Era il giorno sbagliato. In Val Rosandra tirava una bora scura, prepotente. Impossibile fare le riprese che avevo in testa. Proprio allora è cominciata la mia sfida".
Yuri Ancarani è il videoartista italiano che nel 2006 ha cominciato il suo duello, corpo a corpo, con la bora. Il lungo confronto giunge ora a una soluzione. Ancarani è riuscito a catturare la bora. E l'ha chiusa in un televisore. Non un televisore qualsiasi: un piccolo portatile Brionvega, prezioso oggetto di design anni '60. Apparecchio televisivo e "Bora" (che è anche il titolo dell'opera) sono i protagonisti della videoscultura che fino al 13 dicembre verrà ospitata alla GAM - Galleria Civica d'Arte Moderna e Contemporanea di Torino - focus della terza edizione di Museo Chiama Artista, un progetto nato "per sostenere attivamente il sistema del contemporaneo nel nostro Paese".
Davanti a "Bora" ci si abbandona "al suono del vento, che sembra scompigliarci i capelli mentre osserviamo il paesaggio che scorre sul televisore" garantisce Angela Tecci, curatore del progetto MCA assieme a Ludovico Pratesi. Che aggiunge: "tutto sembra ruotare intorno all'instabile equilibrio tra suono e immagine, all'interesse dell'artista per situazioni 'ai confini del visibile', per un vento che scuote e modella una natura rigida ed essenziale, ripresa con un'attenzione compositiva che rimanda ai dipinti di Caspar David Friederich e all'estetica romantica del sublime".
Ha un cognome che ricorda toponimi locali, Yuri Ancarani, ma è nato a Ravenna, nel 1972, e parla la lingua dell'immagine in movimento. I suoi lavori sono stati visti all'Hammer Museum di Los Angeles, al Solomon Guggenheim di New York, al Palais de Tokyo di Parigi, al Mart di Rovereto. Nel 2013 è stato uno degli artisti invitati al Palazzo Enciclopedico della 55esima Esposizione Internazionale d'Arte della Biennale di Venezia. "Faccio cinema, ma mi coinvolgono tutti i momenti in cui le immagini mobili pervadono la nostra vita: videoclip musicali, schermi pubblicitari, installazioni d'arte". Molti dei suoi progetti eleggono a soggetto il mondo del lavoro (come la trilogia "La malattia del ferro"). Anche se lui candidamente dichiara che il tema che gli è più caro sono "l'invisibile e l'estremo".
La "Bora" di Yuri Ancarani al roBOt Festiva
Si può filmare un vento? Certo si può catturarne il suono, l'effetto sull'ambiente, ma non l'essenza. Invisibile appunto. La sfida di Ancarani è cominciata dieci anni fa, in uno di quei punti della Val Rosandra dove la bora si incanala e manifesta la sua incontenibile forza.
"La sentivo fisicamente, quella prepotenza, una volta salito alla Sella della bora, là dove le raffiche mettono a rischio l'incolumità personale. Ho cominciato a chiedermi come trasformare in immagini quella sensazione. A mia disposizione avevo solamente sassi e vegetazione. I venti non si vedono: si nascondono".
Tutto è nato da una commissione della Galleria d'Arte Contemporanea di Monfalcone.
"Un progetto ideato da Andrea Bruciati, che allora la dirigeva, e rivolto a noi video-maker. Bruciati sfruttava un budget ridottissimo, ma con un'intuizione che nel mio caso si è prolungata per anni. Peccato che tutto ciò ora non esista più. Da quel momento la sfida ha coinvolto anche il tempo. Vivo tra Ravenna e Milano, e con il meteo sul desktop del computer spiavo da lontano l'arrivo della bora. E mi precipitavo in Val Rosandra. Bora chiara, bora scura, borino, ho imparato tutto".
Il film, realizzato in più tappe, ha cominciato a diventare oggetto di diversi eventi musicali.
"Di volta in volta invitavo dei musicisti, soprattutto gli inglesi, a suonare sotto il grande schermo dove veniva proiettato "Bora". E' un film di sola natura, ed è indispensabile che chi suona lanci anche la propria sfida al rumore del vento. La prima volta è capitato al Ravenna Festival, quello diretto da Riccardo Muti, poi in altri Paesi".
Infine l'idea di richiuderla in un televisore.
"Qualche mese fa ho voluto proporlo a Venezia, in Casa Scatturin, il solo edificio privato che ancora racconti estesamente l'architettura di Carlo Scarpa. Non avevo a disposizione un telone da dieci metri, com'era successo fino ad allora. Così "Bora" è finito nel piccolo schermo del Brionvega, il televisore di casa. Mi è stato improvvisamente chiaro che si trattava di una scultura, una videoscultura. E in questa forma ora la presento a Torino, al GAM. Il mio lungo duello con la bora ha trovato adesso un momento di quiete."
I commenti dei lettori