Lelio Luttazzi avrebbe detto: «Butta via tutto». Lei, sua moglie Rossana, per fortuna non lo ha ascoltato. Così, adesso, a Trieste prende forma un vero e proprio Studio Luttazzi. Un microcosmo, ricostruito negli spazi della Biblioteca Statale, dove rivivrà il musicista, lo showman, il conduttore televisivo che incantava l’Italia con il grido “Hiiiiiit Parade”. Ma anche l’uomo, il bambino rimasto molto presto senza papà, il sognatore instancabile.
Studio Luttazzi apre le sue porte al pubblico ufficialmente domani, anche se verrà presentato oggi in una conferenza stampa. Alle 11, nelle sale della Biblioteca Statale “Stelio Crise” di largo Papa Giovanni XXIII 6, si potrà ripercorrere il lungo viaggio artistico e umano del grande Lelio guardando le foto e i suoi spartiti musicali, ma anche oggetti a lui carissimi come il pianoforte e lo smoking, il manoscritto del suo romanzo ”L’erotismo di Oberdan Baciro”, pubblicato da Einaudi, e di “Operazione Montecristo”, in cui raccontava il calvario vissuto in carcere con l’accusa di traffico di droga. E le interviste, gli spezzoni dei programmi televisivi.
«Per un periodo non riuscivo a dormire la notte pensando a tutti i materiali di Lelio che non trovavano un’adeguata collocazione - spiega Rossana Moretti Luttazzi -. Mi sembrava che a Trieste non tirasse una bella aria. Il Comune si era mostrato assolutamente disinteressato ad accettare la donazione che volevo fare alla città. Nonostante tutte le promesse fatte in un primo momento. Poi, nel 2011, mi sono rivolta alla direzione generale delle bibioteche e istituti del ministero dei Beni culturali di Roma. Dopo poco, il direttore di allora mi ha risposto che aveva incaricato Massimo Pistacchi, responsabile dei beni audiovisivi, di dare disponibilità di accogliere la proposta di donazione».
La Biblioteca “Crise” di Trieste è stata subito individuata come la sede ideale per accogliere la donazione Luttazzi «Quando alla direzione del ministero è arrivata Rossana Rummo, il progetto ha subìto un’ulteriore accelerazione. Perché lei ha preso subito a cuore la cosa, con grande affetto nei confronti di Lelio. A Trieste, poi, ho trovato nel direttore della “Crise” Maurizio Messina un fantastico collaboratore. Si è dato molto dxa fare. Quindi grazie a Roma, ma anche a Trieste. L’amarezza che mi portavo dentro è finalmente svanita».
Nel grande specchio dello Studio Luttazzi si rifletterà tutta la storia di Lelio. «Oltre al pianoforte - dice Rossana Luttazzi -, nella donazione ci sono spartiti musicali, manoscritti letterari, i progetti per il cinema, il suo smoking, tutta la biblioteca, le lettere personali e pubbliche, tante fotografie, i premi ricevuti, i dischi, gli oggetti. L’esposizione negli spazi della Biblioteca nasce su progetto di Massimiliano Schiozzi. E spero che, in futuro, qui possano essere organizzati dibattiti, approfondimenti per coinvolgere i giovani e portarli a conoscere meglio Lelio e i suoi amori per la musica, il cinema, la letteratura. Ovviamente tutta la donazione verrà esposta a rotazione. Inoltre, ho già previsto nel mio testamento che tutto quello che rimane a me e alla Fondazione, al momento della mia morte, venga donato a Trieste».
Luttazzi era davvero un artista senza limiti. Chi ha visto il suo film “L’illazione”, chi ha letto il suo romanzo “L’erotismo di Oberdan Baciro” lo sa bene. «Ci sono altri inediti. Uno, in particolare, potrebbe uscire abbastanza presto, perché è in lettura in una casa editrice importante. Tra le carte ho conservato anche dei racconti bellissimi. Stiamo pensando con Cesare Bastelli, che mi sta dando un grande aiuto, di pubblicarli noi come Fondazione Luttazzi».
Carte, oggetti, spartiti, non avevano grande valore per Luttazzi. «Lelio non era attaccato alle cose materiali. Ho cominciato io ad archiviare tutto, da quando ci siamo conosciuti nel febbraio del 1975. Purtroppo della sua giovinezza, e del periodo in cui io non c’ero, sono riuscita a recuperare cose anche importanti, come il film “L’illazione”. Molto, però, è andato perduto».
Un album prezioso si è salvato grazie a una cara amica di Luttazzi. «È come il relitto di un naufragio. In quel quaderno sono conservate foto di quando Lelio aveva 7, forse 8 anni. Non c’è suo padre, morto quando lui aveva 3 anni, ma si vede la mamma. A custodirlo amorevolmente è stata Giancarla Rosi, moglie del regista Francesco Rosi. Tra Giancarla e Lelio c’è stata una grande storia d’amore, tra il 1954 e il 1964. Al contrario, purtroppo, non si sono salvate le lettere di Lelio a sua madre. Ci sono quelle ai personaggi importanti: lo scrittore Mario Soldati, il critico Tulio Kezich e molti altri».
Mille ricordi si affollano nella memoria di Rossana. «Abbiamo cominciato a conviverre dopo poche settimane che ci conoscevamo. Io conservavo tutto, lui brontolava. Scriveva una pagina di musica e il giorno dopo io andavo a depositarla alla Siae. Lui diceva: lascia stare, non merita. Anche negli ultimi periodi, quando stavamo ancora a Roma, aveva inciso dei provini, ma subito dopo voleva buttare il cd. Meno male che l’ho recuperato io, perché da lì Le Voci di Corridoio hanno tratto il brano “Dr. Jekyll e Mr. Hyde”, che Simona Molinari ha cantato al Festival di Sanremo con Peter Cincotti. Loro, in più, utilizzando quella registrazione sono riusciti a duettare con Lelio, anche se lui non c’era già più».
Adesso, Rossana Luttazzi può tirare un bel sospirone. «Sapere che le cose di Lelio sono ritornate a Trieste smorza le mie ansie. Mio marito è tornato per sempre nella sua città, che ha amato di un amore grandissimo. Tanto che, a volte, mi faceva ingelosire. È voluto tornare a morire qui, circondato dal grande affetto di tutti».
alemezlo
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