La sostenibilità deve essere garantita lungo tutta la catena del valore. Questo perché oggi la priorità delle aziende è di trasmettere un’identità sostenibile ai loro clienti, agli azionisti e al mercato. Per farlo devono disporre di informazioni precise e oggettive su tutti i fornitori che contribuiscono al loro business.
Non parliamo di un futuro prossimo, ma del presente. Già succede che un’azienda chieda conto ai propri fornitori della loro sostenibilità. Dal più piccolo produttore di una componente al Partner di logistica, tutti devono essere in grado di misurare e dimostrare il loro impatto sull’ambiente e sulla società. E se ciò non succedesse, il cliente potrebbe trovarsi costretto a fare un’altra scelta. Si tratta di un punto di non ritorno, dettato da un’esigenza oggettiva – l’impatto della produzione industriale sul Pianeta – ma anche da norme, comunitarie e mondiali, e dall’attitudine dei consumatori.

A questo proposito, la tecnologia è doppiamente coinvolta, sia come pilastro portante di qualsiasi business, ma anche perché più responsabile di altri comparti di ciò che sta accadendo al nostro Pianeta. E il Data Center è l’infrastruttura tecnologica più sotto la lente. Nell’ottica sempre più diffusa di servizio, un’azienda cliente affida in toto il proprio IT a un fornitore terzo. A lui, che eroga i cosiddetti servizi gestiti, verrà chiesto della sostenibilità della sua struttura fisica e, a sua volta, lui chiederà conto ai propri fornitori di tecnologia (server, storage, networking) e di tutto ciò che gravita intorno a un Data Center, impianti di gestione dell’energia in primis.
Quali metriche considerare
Fornire dati oggettivi sulla sostenibilità non è cosa semplice. Ed è la sfida prioritaria di chi mette a disposizione dei clienti un’infrastruttura IT. Inoltre, le metriche da utilizzare, la più nota è l’indice PUE (Power Usage Effectiveness), sono diverse e non ancora totalmente standardizzate e riconosciute.
Schneider Electric di alimentazione e di center ne sa. Leader indiscusso del comparto, l’azienda ha realizzato un documento - Guida alle metriche di sostenibilità ambientale per i Data Center”, in cui si mette ordine a proposito di ciò che è rilevante nell’analisi della sostenibilità dei luoghi in cui “avviene” la trasformazione digitale delle aziende.

Il white paper di Schneider Electric risponde alle questioni che emergono da due studi commissionati dall’azienda a 451 Research e Forrester, in totale sono stati raccolti circa 3mila contributi provenienti dai responsabili dei più grandi Cloud provider e fornitori di servizi di Colocation e da professionisti IT attivi in aziende di vari segmenti e di diverse dimensioni, in tutto il mondo.
In particolare, lo studio di 451 Research, in cui sono state coinvolte 1.150 aziende di medie e grandi dimensioni nel mondo, ha evidenziato una differenza tra percezione e realtà. La valutazione sulla maturità del percorso di sostenibilità data da quasi la metà dei rispondenti (il 48%) non è in linea con le risposte date ad altre domande sul tema. Lo studio di Forrester, invece, si è focalizzato sulla colocation coinvolgendo più di mille decision maker, e in questo contesto è emerso che il 73% delle organizzazioni hanno dichiarato che la sostenibilità è la priorità numero 2 per il loro business, ma solo il 33% ha creato un piano strategico in proposito.
Le cinque categorie per la sostenibilità
L’interessante documento di Schneider Electric ha individuato 23 metriche chiave per gli operatori di data center, suddivise in cinque categorie, e i 17 framework/standard di riferimento più rilevanti ai fini della definizione, del reporting e della certificazione degli obiettivi. Il tutto, commisurato alla posizione sul percorso di sostenibilità (iniziale, intermedia o avanzata) in cui ci si trova e a cui si vuole tendere.

Si deve essere pronti a fornire l’indicazione precisa delle emissioni di gas a effetto serra (GHG). Il reporting delle emissioni, possibile grazie a strumenti applicativi appositi, spesso integrati già all’interno delle soluzioni tecnologiche, è il secondo elemento imprescindibile secondo il documento di Schneider Electric.
Ancora, fondamentale ragionare sulla dissipazione del calore prodotto dagli apparati informatici. Le tecniche di raffreddamento evaporativo sono le soluzioni più comuni di smaltimento del calore nei Data Center. Ma richiedono enormi quantità d’acqua. Una ricerca dell’Uptime Institute ha dimostrato che un data center da 1 MW che utilizza metodi di raffreddamento evaporativi tradizionali consuma circa 25 milioni di litri d’acqua all’anno. In aggiunta, il rapporto World Water Development delle Nazioni Unite ha mostrato che l’uso dell’acqua per la produzione di elettricità è 4 volte maggiore dell’uso dell’acqua da addebitare alle esigenze di raffreddamento in loco. In sintesi, il data center è fortemente responsabile dell’utilizzo delle risorse idriche locali. È indispensabile, dunque, approntare sistemi di riciclo dell’acqua ed adottare soluzioni tecnologiche che ne limitino i consumi.
La costruzione di un data center genera volumi importanti di rifiuti. La loro riduzione e, soprattutto, il riutilizzo e il riciclaggio dei materiali diventano prioritari in fase di progettazione, ma anche durante l’intero ciclo di vita della struttura. Infine, secondo Schneider Electric, è fondamentale misurare l’impatto del Data Center sul territorio e sulla sua biodiversità. Per esempio, per i Data Center con parchi solari/eolici dedicati, l’impatto può essere significativo. La sua misurazione è comune in industrie come quella mineraria, ma è nuova per i luoghi che ospitano infrastrutture tecnologiche.
Infine, Schneider Electric indica i 17 principali standard associati ad ognuna delle 23 metriche chiave individuate. Si tratta di iniziative, framework o standard che, seppure non imposti, rappresentano i riferimenti oggettivi migliori per impostare una strategia per la sostenibilità di un Data Center e possono aiutare a impostare un percorso concreto e misurabile -che si può approfondire consultando il documento.