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Le elezioni e la presenza sui social: il caso di Damilano e Lo Russo

Le elezioni e la presenza sui social: il caso di Damilano e Lo Russo
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Nella sua analisi sui risultati delle elezioni amministrative del 3 e 4 ottobre scorsi, Ilvio Diamanti, per Repubblica, scrive che “il Partito dei Sindaci è divenuto Partito di un Leader che governa il partito, spesso lontano dalla società. Dalle città. Oggi ci troviamo, dunque, di fronte a partiti e leader digitali, più che territoriali”. Concludendo che “per questo motivo è difficile trovare un disegno, tracciare un profilo, per ricostruire e sintetizzare queste elezioni amministrative. Perché contengono e propongono molte storie, molte situazioni. Locali e personali. Troppe per dare loro un volto (politico) preciso. E riconoscibile”.

Se è certo che il tasso di partecipazione a questa tornata elettorale è stato mediamente di 7 punti percentuali in meno rispetto a 5 anni fa, evidenziando il distacco dei cittadini dalla politica anche a livello locale, come del resto certifica anche il 17esimo Rapporto sulla Comunicazione del Censis che indica senso civico/partecipazione dei cittadini in netto calo online nel 2021, quali sono state le strategie di comunicazione dei principali candidati sindaci?

Una buona sintesi al riguardo la fornisce Riccardo Luna, direttore proprio di Italian Tech, che nei giorni scorsi ha scritto che “non si può non osservare che i vincitori, ma anche gli sfidanti delle recente tornata elettorale sono stati alla larga da Facebook e Twitter o li hanno usati poco, tardivamente o in maniera maldestra”.

Se questo è il panorama generale, dopo aver analizzato la presenza su Facebook e Instagram dei due sfidanti alla poltrona di sindaco della Capitale, abbiamo deciso di approfondire ulteriormente con l’analisi della presenza dei due candidati a sindaco di Torino. Dei due abbiamo analizzato la presenza sulle due piattaforme social con il maggior numero di utenti giornalieri in Italia dall’1 luglio al 10 ottobre.

Prima di entrare nel dettaglio della nostra analisi segnaliamo che il candidato del centrodestra, Paolo Damilano, sino al 6 ottobre scorso ha investito poco meno di 16mila euro in annunci pubblicitari su Facebook e Instagram. Una frazione minima della stima dei costi della sua campagna elettorale, che comunque lo colloca tra i top spender. Invece il candidato del centrosinistra, si è attestato a meno di 3mila euro di investimento.

Entrambi, sia su Facebook sia su Instagram, hanno un numero di follower che definire esiguo è un eufemismo. E dopo essere stati scelti dai torinesi (almeno da quelli che non si sono astenuti) il numero di follower, sia dell’uno sia dell’altro, ha avuto una crescita risibile, assolutamente marginale. Anche il numero di post, in particolare su Instagram, è davvero scarso. Così come lo è il numero di interazioni, e dunque il coinvolgimento generato.

Le due piattaforme social vengono utilizzate solo e solamente come un megafono, come strumento di propagazione unidirezionale del messaggio. Nessuna domanda. Nessuna risposta ai commenti. E nessuna interazione con il pubblico di riferimento. Sia nel caso di Damilano, al quale una sostenitrice fornisce un consiglio di buon senso, sia in quello di Lo Russo. Insomma, anche con l’approssimarsi del ballottaggio del prossimo fine settimana la comunicazione è scarsa e scialba, insipida.

Il problema, non solo dei due candidati in questione, non è che i social non funzionano, o che il cosiddetto stile Draghi, piuttosto che la pandemia, hanno imposto sobrietà a tutti gli altri. Il problema è che nel 2021 la stragrande maggioranza dei politici non ha ancora compreso, o non vuole comprendere, come utilizzare nel giusto modo le diverse piattaforme social, a cominciare dall’ascolto della Rete, e dunque delle istanze che stanno a cuore ai cittadini, praticato da una sparuta minoranza di soggetti nonostante la tanto mitizzata Bestia del duo Morisi-Salvini.