Quali siano i vantaggi promessi dalla trasformazione digitale delle imprese è ormai noto: processi più efficienti, minori consumi, maggiore sicurezza, aumento della produttività e altro ancora. Per le piccole imprese italiane, spesso a conduzione familiare, non è però immediato comprendere come e perché integrare software di machine learning e di analisi dei dati, visori in realtà aumentata, bracci robotici e programmi per la creazione di gemelli digitali.
È proprio per supportare le aziende e aiutarle a orientarsi in un mondo ad alto tasso tecnologico che in Italia, in seguito al Piano Industria 4.0 del 2016, sono nati 8 centri di competenza: a Genova, Pisa, Torino, Padova, Bologna, Roma, Napoli e Milano. Proprio nel capoluogo lombardo, sta per festeggiare il primo anno di vita la sede fisica di Made, il centro di competenze situato all’interno del Politecnico di Milano, una delle università partner assieme a quelle di Pavia, Bergamo e Brescia.
“Svolgiamo un ruolo pratico rivolto alle micro e piccole imprese manifatturiere, in larga parte italiane, che spesso possono avere difficoltà ad affrontare la transizione 4.0”, ci ha raccontato Daniele Raina, responsabile comunicazione di Made. Il sostegno offerto da questo centro alle Pmi si sviluppa lungo 3 assi: orientamento alle imprese tramite seminari o visite, formazione e il vero e proprio trasferimento tecnologico, durante il quale le società sono supportate (anche economicamente) nell’implementazione delle tecnologie.
Il centro è sostenuto finanziariamente dal ministero per lo Sviluppo economico, ma soprattutto da 42 imprese private, tra cui troviamo Brembo, Comau, Siemens, Ibm, Bosch e altre. Nel corso del primo anno di vita, il Made ha organizzato incontri singoli con 543 aziende, organizzato 18 corsi di formazione cui hanno partecipato oltre 3mila persone e dato il via a 63 progetti di transizione digitale, cui si aggiungono 26 progetti dedicati alla formazione.
All’interno del Made, 20 dimostratori (macchinari, software e dispositivi) permettono di toccare con mano le possibilità offerte dalla trasformazione digitale, in un percorso articolato in 6 aree: virtual design, gemelli digitali, robotica collaborativa, tracciabilità, monitoraggio dei processi e cybersecurity. Termini che in alcuni casi possono suonare oscuri, ma dietro i quali si nascondono concetti in grado di rivoluzionare la vita di un’azienda.
È il caso dei software per la creazione dei cosiddetti gemelli digitali, che danno la possibilità, per esempio, di progettare un motore in 3 dimensioni solo in versione virtuale, utilizzando strumenti dedicati anche per valutarne le prestazioni, il corretto funzionamento e tutto il resto. In questo modo, il motore vero e proprio può essere costruito solo nel momento in cui la controparte virtuale ha dato risultati soddisfacenti. I gemelli digitali non riguardano però solo i prodotti, ma anche i processi, perché è possibile individuare e simulare delle modifiche nella catena di produzione che possono aumentarne l’efficienza.
Allo stesso modo, l’analisi dei dati resa possibile dall’intelligenza artificiale o l’implementazione di bracci robotici possono aumentare la produttività, mentre i visori per la realtà aumentata (che permette di sovrapporre a un macchinario fisico le istruzioni digitali per il suo utilizzo) facilitano la vita dei lavoratori. Lo stesso fanno gli esoscheletri: veri e propri supporti robotici che chi svolge mansioni pesanti può indossare per alleggerire il carico di lavoro.
“Ci sono aziende che hanno già le idee molto chiare su quali siano le tecnologie che vogliono implementare, e in quel caso possiamo approfondire il tema in maniera molto dettagliata e precisa - ha spiegato ancora Raina a Italian Tech - In altri casi c’è soprattutto il desiderio di approcciarsi generalmente alle nuove tecnologie e iniziare a prendere confidenza con le potenzialità della trasformazione digitale”.
Tra bracci robotici, veicoli aziendali autonomi, software di intelligenza artificiale e altro ancora, viene da chiedersi se, in particolar modo nelle fabbriche, ci sarà ancora bisogno dei lavoratori: “Ormai è stato dimostrato che, nel complesso, i posti di lavoro aumentano - è la riflessione di Raina - Tutta questa tecnologia non elimina gli esseri umani, ma li aumenta: è per questo che noi parliamo di operatori 4.0”.