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Dentro i MacBook Pro: tutto quello che c’è da sapere sui chip M1 Pro e M1 Max

Dentro i MacBook Pro: tutto quello che c’è da sapere sui chip M1 Pro e M1 Max
I due SoC implementati sui nuovi portatili non hanno paragoni sul mercato per potenza raggiunta a parità di consumo energetico. Una prova di forza con cui Apple mostra il pieno potenziale della transizione da Intel a chip ARM
6 minuti di lettura

“Unleashed”, in inglese significa letteralmente “liberato da un guinzaglio”. La traduzione corretta è “scatenato”, ma l’etimologia è diversa. Che siano guinzagli o catene, Apple è convinta di essersene liberata con la presentazione dei nuovi chip M1 Pro e M1 Max e dei due nuovi MacBook Pro durante l’evento di lunedì 18 ottobre, intitolato appunto “Unleashed”. In questo caso le implicazioni del termine non sono solo un’iperbole di Apple: M1 Pro e M1 Max sono due processori senza precedenti, che portano sui portatili professionali della Mela livelli di potenza - grafica, in particolare - mai visti sui MacBook Pro.

Nelle puntate precedenti
Da Apple ci spiegano che “unleashed” funziona bene perché può avere più interpretazioni. Innanzitutto i nuovi M1 Pro e M1 Max mostrano finalmente il pieno potenziale della transizione da Intel a Apple Silicon. Il chip M1 che aveva debuttato alla fine del 2020, già sorprendente per prestazioni e gestione energetica era solo un primo assaggio. 

L’altro guinzaglio da cui Apple libera i suoi nuovi laptop professionali è il cavo dell’alimentazione. Un aspetto importante, passato relativamente in sordina dopo l’evento, è che le prestazioni mostrate nel confronto con i portatili professionali della concorrenza non cambiano se si utilizzano i nuovi MacBook Pro collegandoli alla rete elettrica oppure con la batteria. Nessun altro PC portatile di fascia pro con chip Intel o AMD e scheda grafica dedicata può fare lo stesso. 

Apple infine non lo esplicita, ma l’altro giogo a cui ha sottratto i suoi MacBook Pro grazie ai chip M1 Pro e M1 Pro Max è la dipendenza dalla roadmap di Intel per il mercato dei laptop. Il produttore di Santa Clara, cui Apple si è affidata per 15 anni dopo la transizione da Power PC a Mac Intel nel 2005-2006, ha perso il treno della rivoluzione mobile, rimanendo ancorato a paradigmi che oggi mostrano seri limiti tecnologici. Nel frattempo Apple ha messo a frutto l’esperienza maturata con la produzione dei chip ARM della serie A per iPhone e iPad e l’ha tradotta nella linea di processori M1.

È interessante notare come iPhone e iPad, spesso portati ad esempio della presunta perdita di interesse di Apple verso il mercato dei professionisti, siano la ragione per cui oggi Apple può portare sul mercato i suoi chip per laptop professionali. Senza l’iPhone e l’iPad i MacBook più potenti e “Pro” di sempre non potrebbero esistere. 

Cambio di paradigma
Per chi si occupa di tecnologia e mercato PC da molto tempo, i chip di Apple impongono una revisione del modo in cui si valutano le prestazioni di un computer professionale. Non perché la linea Apple Silicon sia complicata da un eccesso di fattori tecnici, ma caso mai per la ragione opposta: gli ingegneri di Cupertino sono riusciti a semplificarla drasticamente, differenziando le configurazioni dei chip solo sulla base del numero di core - le unità di calcolo - della CPU e della GPU e della quantità di memoria unificata disponibile.

Il riassunto delle caratteristiche principali del chip M1 Pro
Lo schema delle configurazioni disponibili per i MacBook Pro mostra in maniera chiara questa semplificazione. Le versioni dell’M1 Pro fra cui si può scegliere sono tre, con potenza e prestazioni crescenti: 

  • M1 Pro con CPU 8-Core e GPU 14-core

  • M1 Pro con CPU 10-Core e GPU 14-core

  • M1 Pro con CPU 10-Core e GPU 16-core

L’M1 Max si può avere invece in due configurazioni: 

  • M1 Max con CPU 10-Core e GPU 24-core

  • M1 Max con CPU 10-Core e GPU 32-core

Tutte e cinque le versioni dei chip hanno inoltre un Neural Engine dedicato da 16-Core, una sezione per la codifica e decodifica hardware del video Pro Res, una secure enclave per la sicurezza e il supporto a Thunderbolt 4, che abilita il supporto fino a due monitor esterni su M1 Pro e fino a quattro su M1 Max. La banda di trasferimento dati fra i core e la memoria unificata raddoppia su M1 Pro, con un bus che arriva a 200GB/s (il doppio rispetto all’M1 di fine 2020), mentre M1 Max raggiunge i 400GB/s. Cambiano anche le quantità massime di memoria installabile rispetto all’M1, che si fermava a 16GB. Su M1 Pro si può scegliere se avere 16 o 32GB di RAM, mentre l’M1 Max ne supporta fino a 64GB. 

Qui serve un altro salto concettuale: poiché i chip contengono anche l’unità grafica, la disponibilità di una memoria unificata da 64GB significa che la GPU ha potenzialmente accesso a una quantità di memoria RAM unificata superiore a quella delle migliori schede grafiche discrete per PC. Una delle animazioni mostrate durante il keynote di presentazione dei nuovi MacBook Pro, ci dicono da Apple, è composta da 137 milioni di poligoni e richiede circa 35GB di memoria per girare in maniera fluida in tempo reale. Un’animazione del genere non sarebbe stata dunque realizzabile su un laptop professionale basato su chip Intel e dotato di una GPU discreta. 

Fare i confronti
Gli M1 Pro e M1 Max sconvolgono inoltre il concetto di chip con grafica integrata, che nell’universo x86 è sinonimo di basse prestazioni. A nessun PC professionale può bastare un System on a Chip. Così alla CPU si accompagnano sempre GPU dedicate Per poter paragonare i suoi nuovi SoC con la concorrenza, Apple ha dovuto mostrare confronti differenti per le prestazioni della CPU e della GPU rispettivamente con processori Intel e le migliori schede grafiche dedicate NVIDIA.

Confronto prestazioni della CPU fra M1 Pro / M1 Max e Intel Core i7-11800H 8-core
Confronto prestazioni della CPU fra M1 Pro / M1 Max e Intel Core i7-11800H 8-core 

Nel caso della CPU, M1 Pro e M1 Max nella versione da 10-Core si equivalgono. Nelle prestazioni multithread, a parità di consumo energetico (con picco a circa 30W) i due chip hanno prestazioni 1,7 volte superiori a quelle dell’Intel Core i7-11800H da 8-Core, una delle varianti più potenti delle CPU Tiger Lake di Intel con processo a 10nm. I chip Apple usano processi a 5nm della taiwanese TSMC (cfr. grafico 1).

Confronto delle prestazioni della GPU fra M1 Pro (16-Core) e laptop con NVIDIA GeForce RTX 3050 Ti 4GB
Confronto delle prestazioni della GPU fra M1 Pro (16-Core) e laptop con NVIDIA GeForce RTX 3050 Ti 4GB 

Nel caso delle GPU, Apple ha messo a confronto l’M1 Pro con 16-Core grafici e la scheda grafica discreta NVIDIA GeForce RTX 3050 Ti 4GB (cfr. grafico 2). I due sistemi offrono prestazioni paragonabili, ma l’M1 Pro le raggiunge consumando il 70% di energia in meno: il picco è di circa 30W di potenza contro i 110W necessari alla scheda NVIDIA. Nel caso dell’M1 Max le prestazioni relative massime sono invece leggermente inferiori rispetto a quelle della GeForce RTX 3080, modello ancora superiore. La differenza qui è maggiore: il chip Apple richiede 100W in meno per raggiungere prestazioni paragonabili. (cfr. grafico 3).

Confronto delle prestazioni della GPU fra M1 Max (16-Core) e laptop con NVIDIA GeForce RTX 3080
Confronto delle prestazioni della GPU fra M1 Max (16-Core) e laptop con NVIDIA GeForce RTX 3080 

È utile anche notare che la scheda grafica di confronto si trova solo su pesanti e ingombranti “portatili” da tavolo (alcuni super-laptop di MSI). L’M1 Max si può montare su laptop che pesano rispettivamente 1,6 o 2,1 Kg e raggiunge queste prestazioni senza la necessità di collegare il computer a una presa di corrente.

Il problema del nome
Visto il sostanziale passo avanti nelle prestazioni rispetto al primo chip Apple, sorprende che a Cupertino abbiano deciso di mantenere il nome M1, aggiungendo solo i suffissi Pro e Max ai nuovi SoC. I nuovi processori non sono infatti elaborazioni dirette del primo M1, che prendeva spunto dalla struttura dell’A14, bensì rappresentano un’evoluzione ad alte prestazioni dell’A15 degli ultimi iPhone 13 e dell’iPad Mini.

La ragione di questa scelta - suggerisce DDay - è probabilmente legata a considerazioni di marketing: l’M1 ha avuto talmente tanto successo da diventare un brand a sé difficile da modificare a così breve distanza dal lancio originale, rendendo inscindibili la lettera e il numero. 

La spiegazione è forse ancora più semplice di così. Esclusi gli addetti ai lavori, a ben pochi interessa davvero sapere come si correlano la natura dei core che compongono i SoC Apple e il nome di marketing che viene loro assegnato. Del resto, come confermano da Cupertino, internamente i chip vengono indicati con nomi in codice completamente differenti da quelli commerciali. Con questa distinzione indipendente dalla costruzione e dalla generazione del chip, Apple può costruire una storia commerciale precisa che riunisce in un unico arco tutti i chip per Mac, dagli M1 entry level fino ai SoC professionali presentati pochi giorni fa. 

I prossimi passi
Del resto lo scopo di Apple non è vendere i suoi chip, ma i Mac che li contengono. I primi Mac dotati di chip M1, a un anno dal lancio, mantengono ad esempio un vantaggio competitivo notevole rispetto alla concorrenza di pari fascia. Considerando che i cicli di aggiornamento di un computer sono più lunghi rispetto a quelli di smartphone e tablet, Apple non ha nessuna fretta di aggiornare la nomenclatura e la numerazione dei suoi chip per portatili come fa invece su iPhone e iPad. Non è da escludere che l’intera prima fase della transizione da chip Intel a Apple Silicon avvenga con processori M1, differenziati solo sulla base del suffisso. 

Osservando l’attuale line-up di SoC della Mela non si sente particolare bisogno di una differenziazione ulteriore nel breve termine. Apple potrà aggiornare i computer di fascia medio-bassa mantenendo l’M1 “liscio”, ma riportando anche sui MacBook Pro meno costosi caratteristiche come la porta HDMI, il lettore di schede SD o la tastiera Magic Keyboard senza Touch Bar. Allo stesso tempo i chip M1 Pro e M1 Max potranno finire anche sul successore dell’iMac Pro e su un Mac mini di taglio professionale, sfruttando anche in questo caso la modularità delle configurazioni basate sul numero di core.

Il megachip in arrivo
E proprio questa modularità permetterà ad Apple di portare il primo M1 professionale anche sui suoi Mac Pro. Le indiscrezioni girano già: grazie alla semplicità con cui si possono scalare le unità di calcolo, gli ingegneri di Apple saranno in grado di sfornare un ulteriore chip ultrapotente con CPU da 20 o 40-core e GPU da 64 o 128-Core. Il chip finirà su un Mac Pro dove la facilità di gestire dissipazione e consumo energetico più alto permetteranno di raggiungere picchi di wattaggio più alti di quelli dell’M1 Max, e dunque prestazioni che potrebbero essere fino a 4 volte superiori nella configurazione più estrema. 

Per questo chip-monstre l’incognita del nome però rimane: sarà interessante vedere se la divisione marketing di Cupertino manterrà anche in questo caso la denominazione M1 (Ultra? Ultimate? Finedimondo?) o se invece sarà l’occasione per sperimentare un nome diverso da destinare solo ai computer di fascia altissima.