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Le speranze: la scossa dalla Nazionale e il Var anche in C

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“Quanto sei bella Roma….” È l’unica canzone che può cantare di questi tempi il nostro calcio, almeno quello dei club. Che poi, sul “bella” si potrebbe anche discutere. Ma almeno la squadra di Fonseca resta in lizza e a meno di harakiri in casa la prossima settimana, potrà arrivare alla semifinale della seconda coppa Europea.

Dalla prima infatti, quella delle “grandi orecchie”, tutte le italiane son sparite senza neppure l’onore delle armi. E guardando le altre grandi d’Europa in tv abbiamo anche capito il perché. Raggelante è stato poi il raffronto di mercoledì sera, quando i recuperi della nostra serie A con in campo il presunto meglio del campionato (giocavano Juve, Napoli, Inter ed il Sassuolo) si sono confrontati a stretto giro di zapping con la crema europea. E lì abbiamo capito perché da anni siamo ai margini del football che conta. In Italia giochiamo un altro calcio, rispetto a quello inglese, tedesco e spagnolo, per non parlare di quello miliardario del Saint Germain parigino: meno veloce, di minor qualità, meno aggressivo, meno atletico. Nonostante alcuni “fenomeni” giochino anche da noi. Non avremo i Mbappè, i Neymar, i veterani e le giovani star del Real Madrid, il bomber nordico del Dortmund, ma non sono certo da buttare i Lu-La nerazzurri o quel Dybala che la Juve pare non voler più al fianco di Ronaldo l’anno prossimo… ?!?

E allora, perché diverte mille volte di più una qualsiasi partita della Premier rispetto ad un Benevento-Sampdoria o a un Genoa-Torino ? Non occorre iscriversi al dotto cenacolo degli amici di Caressa, l’università del calcio in tv che la domenica ci spiega le partite della A, per capire che siamo un passo indietro rispetto alle grandi d’Europa. Questione di mentalità o il problema sta nel “manico”, nei tecnici che disegnano le nostre squadre? Conte, il number one degli allenatori, ammette che sta per stravincere il campionato con una squadra solida e cinica, ma forse non “bellissima” da vedere…

Ed ecco che allora aspettiamo con grande curiosità il prossimo europeo, che un bravo allenatore come Mancini dice con sfrontatezza ed un pizzico di sana follia di voler e poter vincere. Ecco, sarà la cartina di tornasole per capire lo stato di salute del “calcio italiano”. Perché le nazionali rappresentano la cultura calcistica di un Paese, le squadre di club restano un eccezionale cocktail di scuole e culture multi etniche nel panorama del calcio planetario. Sapremo farci valere con addosso la maglia azzurra nel prossimo europeo estivo? Allora promuoveremo la nostra scuola calcistica e capiremo che se non siamo capaci di riprenderci quella Champions sarà forse colpa di chi i cocktail giusti… non li sa preparare.

A questo punto la Palla di Cristallo mi tira per la giacca, ricordandomi che dovremmo guardare un po' di più nel pallone di casa nostra. Ha ragione, lo so. È che parlare della Triestina di questi tempi, mi mette il magone. Ci abbiamo sperato, abbiamo tifato, ci abbiamo creduto: nella voglia di risalire, nella grinta di Pillon, nella serietà di chi veste quell’alabarda, ma la navigazione ondivaga non può che destare perplessità. La sconfitta con la Samb è arrivata dopo la vittoria con la reginetta Padova, che per la risalita pareva averci dato...una mano.

Dai, la battuta ci stà e francamente non abbiamo capito l’isterica reazione societaria sul caso. Non sarà la prima volta che porti a casa tre punti con un aiutino alla Maradona. E giustamente capiterà ancora il contrario: vedersi levati dei punti con autentici furti. Ci fosse stato il Var negli anni passati, forse adesso navigheremmo in serie a noi più consone. Ricordate i due rigori assegnati al Napoli contro di noi, quando eravamo lanciati verso la A. Senza rivangare quanto accaduto col Pisa o l’anno passato nei play-off di Potenza.

Il calcio della C senza la tecnologia è semplicemente un altro sport, rispetto a quello che si gioca ai vertici. Prendiamone atto e facciamocene una ragione: chi commenta e scrive di calcio però ha il dovere di raccontare la verità. Sui furti fatti e su quelli subiti. Così come il tifoso può sorridere o infuriarsi, anche sui social. E le società farebbero meglio a non scendere nell’arena della sterile quanto inutile polemica.

E visto che siamo nell’anno delle ricorrenze per il nostro Dante, prendiamo lo spunto da uno dei suoi versi più celebri e usiamolo come consiglio all’amico Milanese, dicendogli “non ti curar di loro, ma guarda e passa…” —

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