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Coletti: «Ho un conto da saldare: la serie B»

Parla il numero due dell'allenatore, già centrocampista alabardato: «Potevo giocare ancora, ma quando mi è stato proposto di fare il vice di mister Gautieri sono venuto di corsa»

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TRIESTE Tommaso Coletti progettava già di fare l’allenatore, ma forse non così presto. La scintilla è scoccata improvvisa quest’estate, quando è emersa la possibilità di ritornare alla Triestina in una nuova veste.

Nello staff formalmente è un collaboratore tecnico, appena preso il patentino sarà anche ufficialmente il vice di Gautieri.

Coletti, come è nato questo ritorno a Trieste?

«Nasce dal fatto che sono innamorato di questa città, che mi ero lasciato avendo un rapporto stupendo con la società, e che si è creata quest’occasione: Milanese e il mister hanno pensato a me e quindi sono molto contento di aver smesso di giocare per intraprendere questa avventura».

Ma la decisione si appendere le scarpette al chiodo a 36 anni, quando l’ha presa?

«L’ho presa quest’estate quando mi si è prospettata questa soluzione. Avevo ancora un anno di contratto con il Cerignola, stavo giocando, per fortuna ho avuto una carriera senza acciacchi o infortuni, quindi ero in buone condizioni per continuare».

Quindi tutto è maturato quest’estate?

«Sì, non era nei miei programmi, ma quando mi è stata fatta questa proposta per tornare a Trieste in questo nuovo ruolo, non ho potuto e voluto rifiutarla. Credo sia un’occasione che capita a pochi, mi ritengo fortunato e ringrazio la Triestina per questa opportunità».

Ma la decisione di fare un giorno l’allenatore ce l’aveva da tempo?

«Sì, questo faceva parte dei miei progetti. Non appena possibile, avrei cominciato comunque a studiare, ecco perché è una scelta che ho fatto molto volentieri».

Molti dicono che già da giocatore sembrava un allenatore in campo: che ne pensa?

«Questa è un po’ l’indole dei giocatore più esperti, non sono certo l’unico. Quando vai avanti con l’età, ti viene da consigliare e trasmettere agli altri quello che sai».

Il primo impatto in questa nuova veste?

«Mi sto rendendo conto che passare dall’altra parte è un cambio importante, non cosi semplice come può sembrare, soprattutto nei rapporti e nella gestione personale. Ma si tratta di una sfida stupenda e voglio cercare di fare meglio che posso per dimostrare che la scelta fatta sia stata giusta. Vengo con un entusiasmo incredibile e mi metto a disposizione per trasmettere la mia esperienza».

Prenderà presto il patentino?

«Sì, appena possibile. Intanto faccio parte dello staff come collaboratore tecnico, poi appena preso il patentino ci sarà il cambio mansione».

Gautieri lo conosceva già?

«Si, ci conoscevamo, anche se non c’è mai stata l’occasione di lavorare assieme. Ma abbiamo tante amicizie in comune e quando si è prospettata la possibilità di lavorare con lui, non ho esitato un attimo».

È una Triestina costruita per vincere?

«Penso che questi discorsi li debba fare la società, io posso dire che è una squadra fortissima che punta in alto, e Milanese farà ancora il possibile per migliorarla».

Quella finale col Pisa brucia ancora?

«Non avete idea quanto. Se fossimo andati in B sarebbe stato diverso e la storia sarebbe cambiata. Arrivare a un passo dalla promozione, toccarla e poi non raggiungerla, è davvero brutto. E non si tratta solo di categoria diversa, soldi e prestigio».

E di cosa allora?

«Ho vinto due campionati e lo so: la cosa più bella è scrivere un pezzo di storia in una piazza, lasciare il segno in una città, con i tifosi che si ricordano di un giocatore che li ha riportati in alto. È quello che rode di più, perché questo ambiente, anche per le strutture che ha, merita altri palcoscenici».

L’obiettivo quindi è di riuscire a portare la Triestina in serie B in un’altra veste?

«Assolutamente sì. Mi rode pesantemente non avercela portata io in quella finale, spero di raggiungere l’obiettivo in quest’altro ruolo. Questa piazza lo merita per i sacrifici fatti da società e tifosi». —


 

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