Tatanka Hübner, l’ex bomber di periferia: «Che bello quando si giocava per la maglia»
Il muggesano ospite di Campionissimi: «Oggi in campo scendono 11 Vip di un’azienda. I bambini? Lasciateli divertire»

TRIESTE La stazza è quella di un tempo, i capelli solo di poco imbiancati, la disponibilità invece ancor più intensa e sposata a modi sempre garbati. Lui è Dario Hübner, “Tatanka”, un “bisonte” che ha saputo nutrire di pagine romantiche il calcio di periferia a cavallo tra la fine degli anni ’90 ed il primo scorcio del 2000 e che ieri ha provato a portare il suo messaggio tra i giovani di Campionissimi, il camp ideato da Matteo Medani, allestito in viale Sanzio a cura dell’Associazione Promoturismo Alpe Adria.
Pochi rimpianti, molti ricordi e nessuno disincanto. La carriera di Hübner si può esprimere anche così, calibrando gli aspetti di stampo “vintage” con le analisi di un calcio moderno, fatto non solo di imprese e fantasia: «Che il calcio sia cambiato dai miei tempi è normale – ha esordito Hübner – ma parlo di un cambiamento non solo tattico o atletico ma purtroppo spesso raccontato con molte statistiche. Alla fine, diciamolo, conta il risultato e invece ora si esprime con il numero dei passaggi o del possesso palla effettuato complessivamente. Da attaccante avrei probabilmente vita ancor più difficile – ha ammesso il capocannoniere della serie A nella stagione 2001-2002 con la maglia del Piacenza – vedo che i centrali di adesso sono più atletici, forti e veloci. Bisognerebbe lavorare solo di più».
Già, il lavoro. Chi ieri ha voluto chiedere la fatidica ricetta del successo, forse è stato deluso. Sì, perché anche le alchimie del calcio, quelle che accennano a talenti e fortune, non possono non prevedere soprattutto il sudore, in campo e in un certo senso anche fuori, in termini di rigore e professionalità: «Lavorare e lavorare, non ci sono troppi segreti alla fine – ha ribadito Hübner rivolgendosi alla platea dei bimbi di Campionissimi – io vi esorto intanto a giocare e a divertirvi e soltanto più tardi, quando arriva la possibilità, impegnatevi sempre al massimo. Il treno prima o dopo può arrivare ma siete voi a fare la differenza, facendovi trovare pronti».
Hübner su quel treno ci è saltato in corsa, e bene, quando l’anagrafe sembrava presentare il conto ma nobilitando la carrozza in prima classe a suo di reti, debuttando a 30 anni in serie A, tra l’altro con un goal a San Siro contro l’Inter, la squadra per cui ha sempre denotato una certa simpatia. Tante le reti (300 in carriera) e molti i compagni di squadra eccellenti con cui, ad esempio, ha dipinto le domeniche bestiali con la maglia del Brescia: «Ho visto in pratica crescere Pirlo, giocatore fantastico e dalle giocate uniche – ha ricordato Hübner sfogliando ancora l’album dei ricordi – e poi Baggio, e qui dico sempre che ho avuto sia la fortuna che la sfortuna di giocare con Roby. La fortuna perché è stato un onore averlo accanto. La sfortuna – ha aggiunto il muggesano – in quanto ci sono arrivato quando lui aveva 35 anni e qualche acciacco di troppo, ma stiamo parlando di un grande».
L’album di Dario Hübner ne avrebbe ancora di capitoli ma la sua disamina di ieri ha trovato la sintesi perfetta nella cartolina finale: «Una volta in squadra eravamo un gruppo di amici con l’amore per una maglia – ha affermato “Tatanka” – ora sembrano undici Vip assoldati per una azienda. . .». —
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