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Addio ad Arrigo Petronio, l’ultimo maestro d’ascia «Son dotor in segadura»

Aveva 92 anni, nativo di Pirano Gli inizi da Craglietto allo Scalo Legnami da dove sono usciti Astarte e Guia II. Poi i lavori con Pecarich. Il mitico Midva

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TRIESTE

«Te vol saver de più de le sue barche? Te pol parlar con lui. El te tigniva due giorni» è in queste parole del figlio Massimo che si sente ancora l’eco della tagliente ironia di Arrigo. Ma no, purtroppo la loquacità del grande maestro d’ascia, “dotor in segadura”, non la potremo più apprezzare, perché Arrigo Petronio ci ha lasciato.

Ieri mattina è mancato, circondato dall’affetto della famiglia, proprio come aveva deciso, a casa sua. La moglie Mariuccia, i figli Massimo e Edi, i nipoti l’hanno accompagnato nella sua ultima veleggiata verso l’orizzonte.

Petronio era nato il 2 gennaio del 1928 a Pirano «su, per i primi scalini del Mogoron, in una casa de tre piani senza riscaldamento», con un “albol” (il tronco di pioppo tagliato e svuotato che si usava nelle saline di Sicciole per portare il sale) al posto della culla. Così Arrigo scherza sulla sua nascita all’inizio della propria biografia, scritta da Flavia Segnan nel 2017.

Entrato nel mondo dei cantieri navali a soli 15 anni, si era fatto notare subito per la sua bravura e velocità, tanto da approdare nel 1964 da Craglietto in Scalo Legnami, dove si costruivano scafi in legno da regata su progetto delle grandi firme americane, in primis Sparkman & Stephens. È qui che nascono i vari Astarte e Sandra, usciti dalla penna del mago Carlo Sciarrelli, ma anche il Guia II di Giorgio Falk nel 1970 e il Sagittario (1972) per lo Sport Velico Marina Militare.

Con questo varo si conclude la vicenda di Petronio da Craglietto e nel 1972 sui moli dell’Adriaco Arrigo si imbatte in Guido Apollonio, desideroso di trovare qualcuno che potesse rilevare il suo squero in androna Santa Tecla. Comincia così la storia di Petronio e Pecarich, il cantiere costituito da Arrigo insieme a Sergio Pecarich, suo stimato collega sia da Craglietto, sia prima allo Stabilimento S. Giusto. Si comincia con la passera lussignana Santa Rita disegnata da Sciarrelli, per approdare a El Raguseo (1975), un III classe IOR di quasi 12 metri per oltre 4 di larghezza. La storia narra che per farlo uscire in androna mancassero 10 centimetri per rendere il passaggio sufficientemente largo: vennero recuperati «rosegando un muro e cavando una colona portante de semento». Poi fu la volta del Balanzone e del mitico Midva, nonché di Janega, che fa sempre bella mostra di sé ai moli della Triestina della Vela.

Nel 1989 Arrigo lascia ufficialmente il testimone del cantiere al figlio Massimo, spostandosi negli spazi più ampi del Polo Nautico in Riva Da Verrazzano.

È un passaggio solo formale perché Petronio ha continuato fino all’ultimo “a fare formazione”, cioè tramandare il suo immenso sapere fatto di tantissima pratica e soprattutto un’eccezionale dote naturale nel creare capolavori da un disegno. —





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