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Dalmasson in stand-by sino a fine mese

Basket Adecco Gold: slitta la decisione sul futuro del coach

3 minuti di lettura

di Matteo Contessa

Ieri scadeva il termine entro il quale la Pallacanestro Trieste 2004 o Eugenio Dalmasson potevano esercitare il diritto di uscita dal contratto che lega tecnico e società anche per la prossima stagione agonistica. Ma in realtà non è stato deciso ancora nulla. È allo stesso tecnico che abbiamo chiesto lumi.

Dalmasson, come stanno le cose?

Il discorso contrattuale per la prossima stagione era stato già definito lo scorso anno con il prolungamento biennale. L’unica impellenza era che ieri sarebbe scaduto il periodo di possibile recesso, ma nell’incontro che abbiamo avuto la scorsa settimana il presidente Ghiacci mi ha chiesto di prorogare a fine mese la deadline. Io ho dato la mia disponibilità e quindi fino a fine maggio non dovrebbero esserci decisioni definitive sull’argomento.

Prorogare perché?

Presumo che Ghiacci voglia condividere la scelta se confermarmi o cambiare guida tecnica con la dirigenza e non agire da solo. Prima della fine di maggio si riunirà il cda, probabilmente quella sarà la sede di valutazione e decisione.

Ma nel vostro colloquio c’è stata qualche divergenza che ha portato allo stand-by?

No, assolutamente. Anche perchè non abbiamo approfondito alcun tema in modo sostanziale. Il modello tecnico con il quale proseguire l’attività l’avevamo già individuato e condiviso da tempo: continuare con i giovani, perchè il riscontro che abbiamo avuto lavorando con loro è stato in questi anni estremamente positivo e il riconoscimento che viene dato alla Pallacanestro Trieste da tutta Italia è unanime. Ormai tutti ci hanno individuato come una società che punta sui giovani per renderli protagonisti e che mantiene anche le promesse, visti i risultati ottenuti.

Ma ormai un ciclo si è chiuso. E allora, come aprirne un altro?

La priorità adesso è capire se ci sono giovani triestini in grado di farci proseguire su questa strada. In caso per ora non fosse così, si tratterà di mantenere sempre la linea giovane, facendo però ricorso a qualche buon prospetto che arrivi da fuori, per colmare quel buco esistente di un paio di annate, in attesa dei giovani locali. Con l’idea comunque di aver già individuato il futuro della triestinità alle spalle della prima squadra.

Si riferisce al gruppo degli anni ’97-’98 che ha assemblato Boniciolli e che, insieme a lui stesso, a Comuzzo, Stibiel e Depolo adesso state allenando anche lei e Praticò?

Questa potrebbe essere una soluzione... Diciamo che potremmo già nella prossima stagione integrare e completare la rosa con qualche giovanissimo che si trova in questo gruppo. In partenza sarebbe un impiego negli allenamenti settimanali, ma se durante la stagione qualcuno fosse pronto, potrebbe anche entrare nelle rotazioni di gara.

Coach, facciamo un passo indietro e tracciamo un bilancio della stagione appena finita. Dovevate sputare sangue fino all’ultima giornata, per salvarvi, e invece due mesi prima la missione era già compiuta. La nostra era una squadra che doveva puntare a crescere in modo importante soprattutto con il lavoro durante l’anno. Siamo partiti in condizioni di grande precarietà, come ricordate, con l’organico ridotto e con gli americani ancora da triovare. Tutto questo ha ritardato il processo di creazione del sistema, la ricerca dell’identità di squadra. E poi nel corso dell’annata abbiamo avuto infortuni pesanti che ci hanno condizionati nel processo di crescita.

Valutando tutto ciò viene da chiedere: e allora, come ha fatto la squadra a salvarsi con così tanto anticipo? Era più forte di quel che si pensasse? I giovani sono maturati prima? O cos’altro?

Con chi avevo avuto modo di parlare fin dall’inizio di stagione, e uno di questi era proprio il presidente, avevo sostenuto che con questa squadra non sarei mai retrocesso.

Perché?

Avevo una certezza: nei momenti in cui si sarebbero dovute giocare partite per vivere o morire, i miei ragazzi che per tre quarti dell’organico erano triestini, avrebbero messo quel qualcosa in più, a livello di motivazioni, rispetto ad altre squadre che, magari anche più forti, erano però prive di questa forte identità locale. Prima della partita decisiva contro Forlì io non avevo nessun dubbio che, davanti a tanti tifosi triestini, i miei ragazzi avrebbero vinto giocando con il cuore e con l’attaccamento alla maglia della loro città. I protagonisti della salvezza sono stati loro, non gli americani. In questo senso sta la chiusura del ciclo: aver portato cioè, con coerenza, pazienza, anche difficoltà e con un percorso mirato, giovani giocatori locali a essere protagonisti in partite decisive come quella contro Forlì.

Ma c’è stato un momento della stagione in cui ha capito che la salvezza era alla vostra portata?

Beh, quando nel girone d’andata ho visto con che autorevolezza avevamo sfidato e battuto Verona, Torino, Barcellona e Capo d’Orlando, mi sono reso conto che il gruppo era valido. E se nel corso della stagione non fossimo stati penalizzati da alcuni infortuni che ci hanno rallentato, oltre a quello sbandamento nel momento di convivenza fra Wood e Hoover, senza sapere chi sarebbe rimasto, avremmo potuto fare ancora meglio.

Torniamo all’inizio: il presidente Ghiacci non fa mistero di essere soddisfatto di lei e del suo lavoro, lei è disponibile a rimanere, c’è un contratto già esistente. Perchè allora questa dilazione fino a fine mese?

Su questo non posso rispondere io. Dovete chiederlo alla società.

Ci sono alcune altre piazze importanti, Brescia innanzitutto, che hanno intenzione di cambiare registro abbracciando la linea verde e il suo nome è molto gettonato. Lo sa, vero?

Beh, molti club iniziano a capire che non si può prescindere più dal costruirsi la squadra in casa e Trieste è vista come un modello già collaudato e molto apprezzato in tutta Italia.

E al suo procuratore, sono arrivate proposte?

C’è un contratto in essere che mi lega a Trieste e quindi non è possibile intavolare alcuna trattativa con altri. Però sì, qualcuno ha già voluto sapere qual’è la mia situazione...

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