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Sul PiccoloLibri Sandro Bolchi e il culto di Zeno Cosini sullo schermo con Johnny Dorelli

Nel Piccololibri anche un ricordo della poetessa ebrea Rachel Luzzatto Morpurgo, un’intervista al giornalista Alessandro de Calò e il “beverone” rosso di Saba

arianna boria
2 minuti di lettura

Sandro Bolchi

 

TRIESTE Nel centenario della pubblicazione de “La coscienza di Zeno”, il critico Paolo Lughi racconta il film più bello tratto dal capolavoro di Svevo, ovvero le due puntate firmate da Sandro Bolchi per la Rai nel 1988, protagonista Johnny Dorelli. In realtà, spiega Lughi, si tratta dell’«unico» film sulla Coscienza, perchè il precedente di Daniele D’Anza, anno 1966, era una piéce teatrale filmata in interni, mentre il lungometraggio di Francesca Comencini del 2001, “Le parole di mio padre”, del tutto dimenticato, era “liberamente ispirato” a soli due capitoli del romanzo. Bolchi, al seguito del padre militare di carriera, aveva vissuto a Trieste e studiato al liceo Dante, dove il suo professore, Giani Stuparich, lo aveva iniziato al culto di Svevo. La formazione culturale del regista gioca quindi un ruolo chiave nel film, ma alla sua riuscita concorrono anche la sceneggiatura di Tullio Kezich, il primo a portare in teatro Zeno Cosini, il cast, con Dorelli affiancato da Ottavia Piccolo, Eleonora Brigliadori e Andrea Giordana - oltre ad azzeccati professionisti “territoriali” come Silvio Maranzana, Orazio Bobbio, Ariella Reggio, Mimmo Lo Vecchio e Adriano Giraldi - e le splendide immagini di Trieste. «”La coscienza di Zeno” di Bolchi è talmente bello - scrisse Beniamino Placido su Repubblica - che non trovo le parole per dirlo».

Un film da riscoprire, dunque, propone il Piccololibri, in edicola sabato 27 maggio con il nostro quotidiano all’interno del fascicolo di novità e critiche letterarie Tuttolibri della Stampa. Ma anche un’autrice caduta nell’oblio, come la triestina Rachel Luzzatto Morpurgo, «la prima poetessa in ebraico della moderna Europa occidentale», come ricorda il critico Fulvio Senardi citando la maggiore studiosa italiana della scrittrice, Marina Cavarocchi Arbib. Rachel (1790-1871), che compì studi ebraici e rifiutò le nozze combinate dalla famiglia per convolare con l’uomo da lei scelto, Jacob Morpurgo, fu poetessa di grande apertura mentale e libertà intellettuale: nei suoi versi, spesso dedicati a feste ed eventi della comunità, ma anche a temi più intimi, si evidenzia una personalità ricca e complessa che, sullo sfondo di una religiosità vissuta appassionatamente, arriva a deprecare il ruolo di inferiorità riservato alla donna nella società ottocentesca, cui non si sottraevano gli ambienti ebraici.

Per la rubrica “Triestini”, il Piccololibri di domani propone l’intervista al giornalista Alessandro de Calò, firma della Gazzetta dello Sport, che mosse i primi passi al Piccolo, nella sede di via Pellico. De Calò, nipote di Lelio Luttazzi, di antichissima famiglia triestina che risale al 1400 (il capostipite, Tullio, è sepolto nella chiesa di San Silvestro) racconta a Fiora Palazzini molti aneddoti sul celebre zio e poi gli anni milanesi alla “rosa”, per cui ha seguito da inviato il calcio nazionale e internazionale.

Apre lo sfoglio dell’inserto l’Effemeride di Fabio Dorigo, questa settimana dedicata a Umberto Saba e alla “bibita di suo gusto”, il succo di pomodoro condito, che il poeta nel 1938 offre al letterato Giuseppe Mormino, in visita alla libreria antiquaria di via San Nicolò (“uno stanzone proprio triste”). Mormino stesso ricorda questa esperienza in un elzeviro pubblicato dal Piccolo il 9 novembre 1968, sottolineando come Saba si collocasse “volentieri” in una triade di poeti grandissimi insieme a Saba e Montale. L’ipotesi è smentita a stretto giro, ancora sulle colonne del Piccolo, da Giorgio Voghera: altro che triade, Saba - sostiene Voghera - si riteneva “infinitamente superiore a loro”.

Infine, il fumetto: un paginone dedicato alle avventure urbane della giovane triestina Mi, personaggio uscito dalla matita del disegnatore Max Calò e già approdato sulla pagina Instagram del Piccolo.

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