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L'orologio biologico batte in maniera diversa in uomini e donne

Foto di Rodolfo Barreto via Unsplash
Foto di Rodolfo Barreto via Unsplash 
L'espressione di geni che regolano i ritmi circadiani oscilla in maniera differente a seconda del genere e dell'età. Nelle donne il metabolismo del fegato è più attivo la mattina, negli anziani le variazioni giornaliere si affievoliscono
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“Vedrai che dopo una bella dormita starai meglio”. Una sapienza popolare che potrebbe nascondere delle verità a livello biologico molecolare. Di notte, infatti, i geni che regolano l'immunità lavorano di più così come quelli che sovrintendono i meccanismi di riparazione cellulare. È una delle molte evidenze che emergono da uno studio condotto al Politecnico di Losanna apparso sulla pagine di Science, una ricerca condotta su un database formato da 16mila campioni di Rna messaggero umano ottenuti da 914 donatori. Il paper è piuttosto tecnico, ma vale la pena cercare di comprenderne le sue implicazioni. La prima, come ci spiega Lorenzo Talamanca, primo autore della ricerca, è che questa è la prima volta che vengono studiate le espressioni dei geni che compongono l'orologio biologico nei diversi tessuti umani. “Finora i dati più completi erano relativi ai modelli murini, si sapeva qualcosa di alcuni tessuti – come muscoli o pelle – ma negli umani l'attività molecolare del ritmo circadiano non era caratterizzata”, spiega il biofisico.

Cosa è l'orologio biologico

La maggior parte dei mammiferi che abitano la terra ha un ritmo di vita che si sviluppa intorno alle 24 ore, con l'alternarsi di luce e buio. I ritmi circadiani (dal latino circa diem, all'incirca un giorno) regolano una grande varietà di meccanismi metabolici, fisiologici e di comportamento. La genetica ha permesso di individuare una dozzina di geni che nei mammiferi è responsabile delle oscillazioni circadiane di tutto l'organismo: pochi geni che però influenzano migliaia di altri geni che si esprimono a livello dei singoli tessuti. Gli oscillatori circadiani endogeni vengono poi continuamente sincronizzati con il periodo di 24 ore della rotazione terrestre, grazie agli effetti di segnali esterni come la luce e la temperatura. Un meccanismo ancora poco definito negli umani e che solo negli ultimi anni comincia a essere considerato anche nei suoi risvolti clinici con risultati promettenti.

Le donne hanno più ritmo

La ricerca condotta da Talamanca ha svelato una maggiore ritmicità nei tessuti femminili. “Per esempio il fegato delle donne sembra metabolizzare i farmaci di più la mattina, questo dato indica che per le donne prendere le terapie a un certo orario potrebbe essere più importante che per gli uomini”, spiega il ricercatore. Altra differenza è quella nell'attività delle ghiandole surrenali che nelle donne sembra essere più oscillante rispetto a quanto avviene negli uomini; questo surplus di ritmi nelle ghiandole surrenali potrebbe essere la causa delle oscillazioni più marcate nelle donne a livello generale. Le indicazioni che vengono dai dati analizzati al Politecnico di Losanna non hanno un immediato significato clinico ma contribuiscono alla comprensione di alcune evidenze, come quella che la chemioterapia possa avere un maggiore effetto quando somministrata nelle ore pomeridiane rispetto a quelle del mattino.

Le differenze di età

I ricercatori hanno voluto andare a vedere anche cosa succede quando i tessuti invecchiano. L'orologio batte sempre con la stessa intensità oppure no? “Sembrerebbe di sì, a cambiare però è la capacità dell'organismo di recepire i segnali. Questo vuol dire per esempio che quasi tutti i tessuti perdono parte dei loro ritmi; tuttavia, alcuni organi come il fegato, il colon e l'ipofisi passano da ritmi di 24 ore a ritmi di 12. Una possibile spiegazione del perché le persone anziane hanno spesso sonnolenza dopo pranzo o del perché perdono il ritmo sonno veglia”, sottolinea Talamanca. Con l'avanzare dell'età si perdono anche i ritmi del metabolismo del colesterolo rilevabili nel tessuto della arteria coronaria e questo potrebbe essere correlato con il verificarsi di infarti in maniera più prevalente nelle persone anziane e di mattina. “Il nostro contributo vuole sollevare un tema importante: la medicina personalizzata deve prendere in considerazione non solo i target specifici genetici o molecolari ma anche i ritmi circadiani dei tessuti su cui si agisce. Una ricerca che va approfondita anche e soprattutto in un'ottica di differenze di genere, a partire dai modelli animali”, conclude Talamanca.