"Sono Massimo Ambrosini e da sei mesi la mia vita e quella della mia famiglia sono state sconvolte dalla malattia di nostro figlio più piccolo. Ad Alessandro è stato diagnosticato il diabete di tipo 1, che è una malattia autoimmune, cronica e degenerativa. Una malattia che non si vede, ma può avere conseguenze gravissime. Siamo costretti costantemente a tenere monitorata la sua glicemia e fare iniezioni di insulina più volte al giorno, tutti i giorni".
Che cos'è il diabete di tipo 1 e la differenza con il tipo 2
Il dramma che sta vivendo l'ex capitano del Milan e centrocampista della Nazionale accomuna migliaia di persone. Secondo le stime del ministero della Salute, in Italia sono circa in 300 mila ad avere il diabete mellito di tipo 1 e l'incidenza di questa patologia, che rappresenta circa il 10% dei casi totali di diabete in tutto il mondo, è in aumento.
Il diabete di tipo 1 è una patologia cronica autoimmune. Si sviluppa in genere nell'adolescenza, ma può comparire anche in giovanissima età (Alessandro Ambrosini deve ancora compiere 3 anni), persino nei neonati: dura tutta la vita e l'unico trattamento salvavita ad oggi possibile sono le iniezioni di insulina.
Trattasi di un'alterazione del sistema immunitario che si rivolta contro sé stesso, portando alla distruzione delle cellule beta del pancreas che producono insulina, l'ormone che consente al glucosio l'ingresso nelle cellule e di essere utilizzato come fonte energetica. Quando questo meccanismo è alterato, il glucosio si accumula nel sangue. Ecco perché il principale segnale d'allarme della malattia è l'iperglicemia. Anche chi soffre di diabete di tipo 2, la forma più comune correlata a sovrappeso e obesità e in cui c'è una ridotta sensibilità all'insulina da parte di fegato, muscolo e tessuto adiposo e/o a una ridotta secrezione di insulina da parte del pancreas.
Le cause del diabete e i fattori di rischio
La causa del diabete ad oggi è sconosciuta. E sono ancora poco chiari i fattori di rischio che interagiscono con la predisposizione genetica, scatenando la reazione immunitaria che rende una persona insulino-dipendente a vita. Questo vuol dire che il diabete di tipo 1 può essere difficilmente prevenuto oltre che curato, se non con il monitoraggio costante del livello di glucosio e le iniezioni di insulina al bisogno.
"Al momento il diabete di tipo 1 è una malattia inguaribile, ma c'è una speranza che passa esclusivamente dalla ricerca scientifica - prosegue l'ex calciatore che ha deciso di correre alla Milano Marathon per sostenere la Fondazione Italiana Diabete. Io, mia moglie e tutti i parenti delle persone che hanno questa malattia vogliamo che si arrivi ad una cura definitiva".
Perché è difficile una cura universale
La velocità di distruzione delle beta è piuttosto variabile per cui l'insorgenza della malattia può avvenire rapidamente in alcune persone e più lentamente in altre. Anche il danno è difficile da misurare, proprio come la risposta immunitaria, rendendo complicata una cura universale. Ecco perché fino ad oggi l'unica strategia ritenuta più efficacie è il mantenere il livello di glucosio nel sangue il più possibile nei valori normali, controllando i sintomi per evitare lo sviluppo di complicanze a carico di cuore, vasi sanguigni, reni, occhi e nervi. La più grave di tutte è il coma diabetico dato che, se non tempestivamente trattato, può risultare fatale.
A che punto è la ricerca
Ma a che punto è la ricerca? Ad oggi sono in corso diversi studi sulle cellule beta, a partire dai trapianti di isole pancreatiche fino alla rigenerazione delle stesse, permettendo così di "correggere" l'errore alla base della patologia. È già stato trovato il modo di trapiantare le isole pancreatiche da uno o più donatori sul fegato del malato, assicurando una completa o parziale insulino-indipendenza. Un intervento ad oggi non per tutti, che prevede una massiccia terapia immunosoppressiva. Una speranza arriva dagli studi in corso sulle cellule staminali pluripotenti che potrebbero essere in grado di sostituire quelle del pancreas, rilasciando correttamente l'insulina quando vengono esposte a glucosio.
Il futuro: l'insulina in pillole
Una grande miglioria nello stile di vita dei malati di diabete di tipo 1 potrebbe invece arrivare con l'insulina in pillole, un sogno per tutti coloro che sono costretti a iniettarsi più volte al giorno il farmaco, da soli o attraverso i dispostivi di pompa. I ricercatori del Walter and Eliza Hall Institute di Melbourne hanno infatti creato un polipetide che imita l'insulina e può essere assunto oralmente, ma al momento rimane da risolvere il problema dell'assorbimento e della sicurezza del farmaco.