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L'uso prolungato dei farmaci contro il reflusso aumenta il rischio di tumore gastrico

Uno studio mette in relazione gli inibitori della pompa protonica con un aumento del rischio di sviluppare cancro dello stomaco. Più a lungo si usano, maggiore la probabilità di ammalarsi

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L’uso prolungato degli inibitori della pompa protonica, i farmaci antiacidi tra i più utilizzati per il trattamento del reflusso gastroesofageo e della gastrite, aumenterebbe di 2,4 volte il rischio di ammalarsi di cancro dello stomaco. È il dato conclusivo di una ricerca pubblicata su Gut, una rivista del gruppo BMJ, realizzata da ricercatori dell’University College di Londra e dell’Università di Hong Kong su un campione di oltre 60mila adulti. Sebbene si tratti di uno studio osservazionale, che cioè che non è in grado di mettere in luce una relazione di causa-effetto tra farmaco e patologia, il dato fa riflettere. Soprattutto alla luce del fatto che gli inibitori della pompa protonica (IPP) è una delle classi di farmaci più prescritte al mondo, e anche nel nostro Paese. Per dare l’idea: il reflusso gastroesofageo interessa il 10-20 per cento della popolazione in Europa, e in Italia questi gastroprotettori tra i principi attivi per cui si spende di più (rapporto OsMed2016).

Un legame sospetto. Non è la prima volta che una ricerca suggerisce una relazione tra inibitori della pompa protonica e tumore. Ma è la prima volta che questa associazione è stata riscontrata su un campione così esteso di pazienti nei quali era stato eradicato l’Helicobacter pylori, il batterio coinvolto nello sviluppo del carcinoma gastrico. Infatti, eliminare questo microrganismo riduce in maniera significativa il rischio di ammalarsi di cancro e consente quindi un’indagine più attendibile sugli effetti degli inibitori. Ma veniamo allo studio. I ricercatori hanno analizzato le storie mediche di 63.397 adulti, uomini e donne trattati per sette giorni con terapia antibiotica contro l’Helicobacter. Nel corso degli anni presi in considerazione, dal 2003 al 2012, oltre 3200 di loro, cioè il 5%, hanno assunto gli inibitori di pompa protonica in media per tre anni, mentre gli altri hanno utilizzato un'altra classe di farmaci, gli antagonisti dei recettori H2 dell’istamina (i controlli). Questi ultimi agiscono sul meccanismo della secrezione gastrica, modificando direttamente il funzionamento delle cellule della parete gastrica. Ebbene negli anni si sono ammalate di cancro dello stomaco 153 persone (0,24% del campione iniziale), ma tra coloro che avevano fatto uso di H2 antagonisti non è stato rilevato alcun incremento di rischio, mentre l’assunzione di IPP è risultata associata a una probabilità più che doppia di ammalarsi, pari esattamente a 2,44 volte.  

I numerosi "buchi" della ricerca. “Lo studio appena pubblicato è interessante ma ha diverse criticità. Per esempio la composizione del campione, tutto di origine asiatica, una popolazione che ha caratteristiche genetiche che favoriscono il tumore gastrico”, commenta Carmine Pinto, direttore dell’oncologia medica presso il Clinical Cancer Center-IRCCS di Reggio Emilia. “Un’altra criticità è il registro in cui sono stati raccolti i dati, che aveva finalità differenti da quelle dello studio. Poi, sono stati esclusi i pazienti che non hanno risposto agli antibiotici. Anche il controllo utilizzato, cioè i pazienti trattati con anti-H2, pone problematiche di interpretazione. Inoltre il numero dei casi di cancro riscontrati è molto ridotto”.

Cure lunghe, questo è il problema. Lo studio ha messo anche in evidenza che il rischio maggiore è associato all’assunzione di una dose quotidiana di inibitori: più che quadruplicato rispetto a quello legato all’assunzione settimanale. E soprattutto è lunghezza delle cure a fare la differenza: il rischio di ammalarsi è stato 5 volte più alto per un anno di trattamento, 6 volte per due o più anni e 8 volte per trattamenti di durata maggiore di tre anni.

Il problema è l’appropriatezza. “Gli inibitori della pompa protonica sono buoni farmaci, utili e importanti: hanno ridotto in maniera drastica le gastriti atrofiche che favoriscono il tumore dello stomaco”, conclude l'oncologo. “Il problema è di appropriatezza della prescrizione e della durata dei trattamenti. Gli inibitori della pompa protonica vengono somministrati e assunti anche per anni, anche decenni, a volte in assenza di esame endoscopico”.