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Chanel dice addio alle pelli esotiche: nelle prossime collezioni niente più coccodrillo, serpente e lucertola

In un'intervista alla vigilia della sfilata pre-fall Métiers d'Art che si terrà il 4 dicembre al Metropolitan Museum of Art di New York, il presidente moda di Chanel, Bruno Pavlovsky, ha dichiarato che la maison francese non userà più pelli esotiche per le collezioni future. Addio definitivo anche alla pelliccia, già usata con parsimonia fino ad oggi

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Prepariamoci a non vedere più stivali di serpente, borse di coccodrillo, cinture di lucertola griffate Chanel. La maison francese ha infatti messo al bando per le collezioni future tutte le pelli esotiche.
A rivelarlo è stato Bruno Pavlovsky, presidente moda di Chanel, durante un'intervista alla vigilia della sfilata per la collezione pre-fall Métiers d'Art che si terrà la sera del 4 dicembre al The Metropolitan Museum of Arts di New York. "Il futuro dei prodotti di alta gamma verrà dal know-how di ciò che il nostro atelier è in grado di fare", ha specificato Pavlovsky aggiungendo poi che una buona parte di questo sapere sarà visibile proprio nella sfilata della pre-fall 2019. E per farsi un'idea di cosa intenda basta dare un'occhiata al profilo Instagram di Chanel sul quale negli utlimi giorni sono state caricate delle pillole video-fotografiche che mostrano il lavoro dei maestri artigiani che collaborano per la creazione di abiti e accessori con la doppia C. L'addio alle pelli esotiche si accompagna a quello definitivo alla pelliccia, mai eccessivamente presente nelle collezioni Chanel, ma che scomparirà del tutto nei prossimi anni. Il motivo di questa scelta è da ricercare negli standard che la maison si pone a proposito di materiali come si legge in una nota ufficiale della maison: "Controlliamo costantemente la nostra supply chain per assicurarci che incontri le nostre aspettative in termini di integrità e tracciabilità. In questo contesto la nostra esperienza è che sta diventando sempre più difficile procurarsi pelli esotiche che rispondano ai nostri standard etici".
Ma la notizia forse più interessante è un'altra: il presidente moda di Chanel ha infatti dichiarato che d'ora in avanti il marchio stanzierà più risorse nella ricerca e sviluppo di tessuti e pelli generati a partire dall'industria agroalimentare, ovvero quella che già offre il maggior numero di alternative ai prodotti di origine animale per l'industria fashion.
La scelta di Chanel arriva in coda a due anni che hanno visto una crescente sensibilità del fashion system nei confronti dei temi ambientali: sono tantissimi i marchi che dal 2017 a oggi hanno detto addio all'uso di pelliccia naturale, mohair, pelle, piume e seta facendo seguito anche a una campagna massiccia portata avanti dalla PETA, People for the Ethical Treatment of Animals. L'ultimo in ordine di tempo è stato Jean Paul Gaultier, ma prima di lui c'erano stati Versace, Gucci, Margiela, per non parlare poi di chi ne ha fatto un marchio di fabbrica come Stella McCartney. Il tema della sostenibilità è ampio e complesso e, certamente, non ci si può limitare al bando di alcuni materiali per dichiarare di avere una filiera sostenibile. Però è un inizio incoraggiante. Così come lo è la volontà di ricercare materie prime sostenibili senza affidarsi semplicemente a quelle sintetiche già esistenti, ma andando a sviluppare tessuti e pelli dallo scarto di altre industrie (come quella alimentare, appunto) o, ancora meglio, di quella della moda in un'ottica di economia circolare.

Tanto più che la richiesta di una maggior coscienza ambientale da parte della seconda industria più inquinante al mondo dopo quella dei combustibili fossili arriva dai clienti e, in particolare, da quelli più giovani. Quelli a cui sempre più spesso ci si rivolge con la comunicazione sui social network e invitando in prima fila alle sfilate i loro idoli-coetanei, youtuber e instagrammer di professione. Anche se Karl Lagerfeld ci ha tenuto a rivendicare l'autonomia della scelta di Chanel: "L'abbiamo fatto perché è nell'aria. Ma non è un aria che la gente ci ha imposto. È una libera scelta". Viva le libere scelte, dunque.