Prima ancora di Lady Diana, Kate Middleton e Meghan Markle, la famiglia reale inglese ha avuto una sua fashion influencer in Margaret. Gli anni Cinquanta nel Regno Unito sono stati segnati da quello che gli storici hanno definito The Margaret Look: prima ancora di social network e globalizzazione, ogni sua scelta in fatto di abbigliamento diventava il riferimento per un’intera generazione. Mentre il New Look di Christian Dior svecchiava i guardaroba, Margaret mostrava come interpretare i trend della moda contemporanea. Orientava acquisti e scelte di stile perché, come scriveva allora il Picture Post: “Tutto ciò che indossa è una novità”. Il suo gusto raffinato era celebrato da riviste come Harper’s Bazaar e Vogue, che all’unanimità la consideravano una delle più influenti fashion icons del tempo. A differenza della sorella maggiore, ma anche di tutte le donne che nella famiglia reale l’avevano preceduta, Margaret aveva un senso dello stile innato e uno spirito indomito che la portava a sfidare le regole anche in fatto di abbigliamento.
Elisabetta, da monarca, aveva la necessità – ma anche il desiderio – di vestirsi in maniera elegante ma convenzionale, dando visibilità ai designer britannici e scegliendo diplomaticamente colori e stoffe in base agli impegni ufficiali, mentre la principessa poteva contare su una maggiore libertà di seguire la moda. E chi meglio di uno stilista rivoluzionario poteva interpretare il desiderio di riscrivere le regole di stile della “ribelle reale”?
La relazione di Margaret con Christian Dior è allo stesso tempo scandalosa e rivoluzionaria. Il couturier e la principessa sono uniti da comune sete di novità e desiderio di stupire; lei era la perfetta testimonial del suo stile in un paese che Dior amava, l’Inghilterra, mentre lui era il perfetto complice in un piano che prevedeva lo svecchiamento dello stile reale e l’affrancamento dalla triste eredità della moda negli anni di guerra, che, venendo a patti con il razionamento, aveva imposto abiti dritti, corti e senza frivolezze. Mentre le bombe cadevano sull’Europa, norme severe erano state imposte sul numero massimo di metri di stoffa con cui un cappotto o un vestito potevano essere confezionati, e perfino sull’altezza che le cinture non dovevano superare. Il cappello, realizzato con materiali di risulta e scampoli di stoffa, aveva assunto il compito di distogliere l’attenzione dal povero abbigliamento.
La principessa si trova a contendere nientemeno che alla zia Wallis Simpson lo scettro di “donna meglio vestita al mondo”: il New York Dress Institute la inserisce al tredicesimo posto nel 1951 e in cinque anni scala la classifica fino all’ottavo, due posizioni sopra la duchessa di Windsor. Si moltiplicano i suoi outfit memorabili, eppure l’abito preferito della principessa resterà sempre il suo primo Dior, acquistato a Parigi nel 1949 (...). Margot voleva indossarlo a tutti i costi e ci era riuscita, anche se non senza provocare un gran subbuglio a Buckingham Palace, con la madre che suggeriva di aggiungere delle spalline e la nonna che intimava al sarto di corte di alzarne la scollatura. Hartnell, da parte sua, con spregio aveva definito la creazione del collega “un bel vestito non adatto a una principessa”. A lui sono stati commissionati gli abiti per le foto ufficiali del diciannovesimo e del ventesimo compleanno e solo per i ventuno anni Margot ha ottenuto di vestire di nuovo un sontuoso abito da ballo Dior. Quello con cui passerà alla storia, immortalata da Cecil Beaton a Sandringham. Margot conserverà quel vestito per anni, prima di donarlo al London Museum nel 1968. Un trasloco semplice, in fondo, poiché a quel tempo il museo aveva sede a Kensington Palace, diventato la casa della principessa dopo il matrimonio con Snowdon.
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Testo estratto dal libro "Elisabetta e le altre. Dieci donne per conoscere la vera regina", di Eva Grippa, edito De Agostini.
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