Alla moda le classifiche piacciono: il designer più hot, il debutto più atteso, la sfilata più interessante. È un classico a chiusura degli show che si è ripetuto anche stavolta, dopo le presentazioni donna per il prossimo autunno/inverno. E tra i vincitori c'è di sicuro Matthieu Blazy, franco-belga, 37 anni, alla sua prima prova come guida creativa di Bottega Veneta. Il suo, a Milano, è stato l'esordio della stagione, e non solo per l'efficace mix tra lusso estremo e casual.
Arrivato a Milano in pieno Covid nel maggio 2020 - del viaggio in auto da Parigi ricorda il numero di auto incontrate per strada, solo sette - Blazy ha subito iniziato a formarsi una sua idea del brand, quella che poi s'è vista in passerella. "Nulla in Bottega Veneta è urlato o esibito, non ha nemmeno un logo. Questo significa che deve farsi riconoscere in maniera diversa: con la qualità, le forme, i dettagli. Una bella sfida per chi fa il mio mestiere". A proposito di mestiere, Blazy ne ha parecchio: ha studiato storia dell'arte alla Sorbona, si è diplomato in moda a La Cambre di Bruxelles, ha lavorato con John Galliano, è stato il braccio destro di Raf Simons per il suo brand e per Calvin Klein, ha lavorato con Phoebe Philo da Celine. Ha disegnato Maison Margiela Artisanal, la couture del marchio belga. E tanto per rimanere in tema, anche il compagno è del settore: Pieter Mulier, stilista di Azzedine Alaïa.
È con questa chiarezza che ha plasmato una versione dello stile italiano molto personale e molto riuscita. "Ho pensato a Umberto Boccioni, a come ha fissato il movimento in disegni. È quello che ho cercato di fare con le silhouette dei vestiti, curvandole e rendendole dinamiche. Non sono capi rivoluzionari, magari con cinque maniche: sono pragmatici, sensati, da usare tanto. Il minimo, visto quanto costa un nostro pezzo. La differenza è come stanno addosso. Sta nelle maniche sagomate, nei secchielli intrecciati da buttarsi in spalla come fanno Tom Sawyer e Calimero con le loro bisacce. Sta nelle pochette che sembrano cuscini da riempire". Il pubblico dello show ha capito: molti si sono portati via i cuscini di camoscio sulle sedute di metallo pressato (proveniente dalle discariche cittadine) usandoli a mo' di borsa, come visto in passerella. Bell'idea davvero.
Ma, alla fine, il nucleo per Blazy resta l'Italia. In tema di streetwear, per esempio, dice: "Non mi andava di trattarlo nello show, ma poi ho pensato che la vera moda di strada per gli italiani sono i completi formali: li usano tutti". La moda italiana è sempre stata esterofila: un designer straniero tanto entusiasta dell'Italia è rinfrancante. "L'essenza di Bottega Veneta sta nella cultura italiana, e così voglio che resti. Per questo collaboreremo anche con la Biennale di Venezia. Il bello della moda è che travalica i generi".
Biennale a parte, Blazy tra le sue ispirazioni cita le polaroid di Carlo Mollino, i pepli di Mariano Fortuny, lo stile dell'avvocato Agnelli e quello di Gina Lollobrigida. E Cicciolina, italiana d'adozione. Che tris. "Incarnano la mia idea di lusso, cioè mettersi quello che si vuole, che sia una sottoveste sexy o dei pantaloni di flanella. Lusso è sentirsi a proprio agio, senza indossare maschere. La moda la amo, i travestimenti no".