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La Gran Bretagna vieta gli interventi chirurgici per 'ripristinare' la verginità

La Gran Bretagna vieta gli interventi chirurgici per 'ripristinare' la verginità

L'imenoplastica, ovvero la procedura chirurgica per ricostruire l'imene, sarà vietata nel Regno Unito, così come i test per verificare la verginità, due pratiche "inestricabilmente legate a forme di violenza contro le donne e le ragazze"

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La ricostruzione chirurgica dell’imene, una procedura che serve a ‘ripristinare’ la verginità, sarà illegale in Gran Bretagna: una nuova legge, da tempo richiesta dalla comunità medica e dalle associazioni che si occupano di tematiche di genere, bandirà questo tipo di intervento chirurgico e proibirà nel contempo i test della verginità. Il nuovo emendamento è stato messo nero su bianco lunedì 24 gennaio, ed è stato così commentato dal Ministro della Sanità del Regno Unito Gillian Keegan: “Il governo si impegna a salvaguardare le donne e le ragazze vulnerabili del nostro Paese”. 

L’imenoplastica, ovvero la ‘riparazione’ della verginità, è un intervento che si pratica in moltissime cliniche britanniche (ma anche nel resto d’Europa, Italia inclusa, in America, in Asia, in Africa), e consiste nel ricostruire chirurgicamente l’imene ‘lacerato’ per ottemperare a credenze culturali e religiose che vedono nella verginità una virtù imprescindibile, specialmente per convolare a nozze. La procedura è considerata a dir poco controversa per molteplici ragioni.

Innanzitutto, il mito della donna illibata si lega ad una visione estremamente sessista della società, secondo la quale il corpo femminile è proprietà di un uomo (un padre, un marito) che ritiene di avere addirittura il diritto di verificarlo. E se pensate che questa visione retrograda appartenga ad ‘altre’ culture rispetto a quella occidentale, guardatevi meglio attorno: solo due anni fa fece scalpore la dichiarazione del rapper T.I. di sottoporre annualmente la figlia ad una visita ginecologica per controllare che il suo imene fosse ancora intatto.

Il cambio della legge britannica – ad oggi in Europa solo l’Olanda ha legiferato contro l’imenoplastica – nasce anche dalla spinta di numerose associazioni di donne che hanno portato esempi non solo di quanto sia degradante e umiliante subire test della verginità (considerato una lesione dei diritti umani dall’OMS), ma anche di come diverse ragazze siano costrette a sottoporsi a interventi di ricostruzione dell’imene per riparare al presunto onore perduto.

Non si parla  di verginità persa solo a causa di rapporti sessuali consenzienti, ma anche in caso di stupro: il Guardian riporta la storia di una ragazza (di cui non fornisce la vera identità) violentata da bambina e letteralmente perseguitata dai genitori che le volevano imporre la ricostruzione dell’imene per ‘riparare’ al danno e arrivare ‘pura’ al matrimonio. “Ho detto loro che non volevo sottopormi all’intervento e per oltre un anno mi hanno ricattato emotivamente per convincermi”, ha commentato al giornale. “Se l’imenoplastica fosse stata illegale quando ero adolescente mi sarei risparmiata gli abusi emotivi a cui sono stata sottoposta. Sono certa che sarà di grande conforto alle ragazze vulnerabili sapere che la legge è dalla loro parte”.

Il dottor Edward Morris, presidente del Royal College of Obstetricians and Gynaecologists, ha commentato al giornale britannico: “Abbiamo lottato assieme alle associazioni per i diritti delle donne perché sia l’imenoplastica che i test della verginità venissero vietati, perché sono inestricabilmente legati a forme di violenza contro le donne e le ragazze”.

Il falso mito della verginità

“Le donne devono essere padrone della loro salute sessuale e riproduttiva”, aggiunge il ginecologo sottolineando come l’imenoplastica non dovrebbe essere eseguita in nessuna circostanza. Oltre ad essere un intervento che nasce per ottemperare a costrizioni di stampo fortemente patriarcale, l’imenoplastica restituisce qualcosa che è un mero costrutto sociale, perché quello della verginità è un tema esclusivamente culturale.

Quello della rottura dell’imene è forse il più grande falso mito che esiste sulla sessualità femminile, ci aveva raccontato Violetta Benini, ostetrica e divulgatrice, che scrive nel suo libro ‘Senza tabù’: “Contrariamente a come viene definito, non è un sigillo di garanzia che si rompe con l’ingresso del magico pene del principe azzurro”.

Generalmente gli imeni non sono ‘chiusi’, quindi non vengono ‘rotti’, e non è necessario sanguinare per dire di aver perso la cosiddetta verginità. Secondo l’ostetrica l’imene è piuttosto “Un sipario di forma circolare, pieno di lembi che si aprono e si chiudono a seconda delle necessità ed è molto utile per evitare che entrino in vagina cose non gradite”. Alcune donne sanguinano durante il primo rapporto, altre no: “Non è possibile dire a posteriori con una visita se i lembi dell’imene si siano lacerati”.

Lo sottolinea anche l’OMS: “La presenza dell’imene non è un’indicazione affidabile per capire se c’è stato un rapporto sessuale, e non esiste esame che possa dimostrare la storia dei rapporti sessuali di una vagina”. Quello della verginità è un tema che si lega a questioni sociali, culturali e politiche, non sanitarie. Molte cliniche pubblicizzano l’imenoplastica in modo ’neutrale’, presentandola come una procedura moderna e addirittura in qualche modo ‘empowering’, come se si trattasse di un lifting facciale o un filler qualsiasi. Ma i racconti delle donne che vi si sono sottoposte non sono altrettanto ‘leggeri’, e spesso sottendono violenze e abusi, fisici ed emotivi.