C’è stato un tempo, molto lontano dalla contemporaneità low cost ma non particolarmente distante in termini cronologici, in cui andare in vacanza era un lusso che solo i ricchi, molto ricchi, potevano concedersi. Il concetto stesso di "turismo" iniziò a prendere forma circa due secoli fa, e con esso si cominciarono a definire usi e costumi legati al fenomeno della villeggiatura, e a forgiare alcune località destinate a divenire iconiche. Era un’epoca piena di fascino, a cui si associa l’immaginario dei Grand Hotel, del mitico Orient Express, dei lussuosi complessi termali e dei lidi-salotto divenuti emblematici, un’epoca che Alessandro Martini e Maurizio Francesconi hanno voluto raccontare in La moda della vacanza. Luoghi e storie, 1860-1939. Il volume, edito da Einaudi, ripercorre la storia delle località di villeggiatura più iconiche, delle loro frequentazioni e delle mode dell’epoca.
Possiamo considerare i primi "vacanzieri" i figli delle famiglie aristocratiche europee che nel 1700 partivano per diversi mesi alla scoperta delle città più belle del continente (in molti sceglievano l’Italia) per arricchire la loro esperienza formativa: questo fenomeno è passato alla storia come il Grand Tour, che è stato senz'altro una delle prime forme di turismo. In seguito, agli inizi dell’Ottocento, per i membri dell’aristocrazia divenne comune recarsi a trascorrere qualche settimana nelle proprie residenze di campagna, spiega l’introduzione del saggio di Martini e Francesconi. Gradualmente, e spesso per ragioni di salute, gli aristocratici cominciarono a frequentare luoghi di villeggiatura termali o balneari, soggiornando non solo nelle loro proprietà, ma negli hotel e nelle ville allestite appositamente per accoglierli. In pochi anni prese piede il concetto di "vacanza" così come la intendiamo oggi, ovvero un periodo in cui ci si trasferisce in una località particolarmente suggestiva per sollazzarsi, riposare, visitare, incontrare altri "turisti" - che all'epoca erano spesso teste coronate, membri dell'alta società, artisti, ricchi possidenti.
I primi a viaggiare per diletto furono i britannici, appassionati frequentatori delle località di mare e termali, ma anche entusiasti esploratori del vicino oriente, delle destinazioni "esotiche" raggiungibili con lussuosi treni-albergo come l’Orient Express. Si viaggiava anche in altre città, magari spinti dalle attrazioni artistiche e modaiole: “Londra, Parigi e New York attraggono con feste, mostre e grandi esposizioni, musei, concerti, teatri di prosa e d’opera, appuntamenti dai couturier e negozi di lusso” si legge nel volume. Non mancavano villeggiature tra le più rinomate località montane, anche in inverno - proprio in questo periodo "nacque" lo sci - e i viaggi alla scoperta dei siti archeologici. Molti si imbarcavano in traversate oceaniche, scelte principalmente per il gusto di trascorrere tre settimane su un lussuoso transatlantico.
L'invenzione dell'estate
“È l’età d’oro del turismo, durante la quale le élite – prima l’aristocrazia, poi l’alta borghesia – costruiscono canoni di gusto, dinamiche di relazione, strutture funzionali a soddisfare aspettative del tutto nuove, nel rispetto di standard adeguati”, scrivono gli autori introducendo il lettore al viaggio che permette di conoscere non solo le rinomate località di villeggiatura dell’Otto-Novecento, ma anche lo stile di abbigliamento di chi le frequentava, le abitudini e le mode del jet set in vacanza, nonché i personaggi di spicco che vi si potevano incontrare. Imprescindibile dal racconto, l’evoluzione urbanistica delle località e l’architettura di tutti quei luoghi-simbolo della vacanza stessa: gli hotel (anzi, i Grand Hotel), i ristoranti, i negozi di souvenir, i lungomare della riviera con i panoramici camminamenti.
E non mancano aneddoti curiosi come quello che riguarda "l'invenzione dell'estate": introducendo un capitolo dedicato alla Costa Azzurra, gli autori ci raccontano che la "scoperta" della costa meridionale francese avviene agli inizi dell'Ottocento grazie all'aristocrazia russa e inglese, che apprezzava il clima mite del Mediterraneo. Ma solo in inverno, perché nei mesi estivi è la costa atlantica - Ostenda era una delle località più "in" - quella più gettonata dalle famiglie benestanti europee: "Nell’Ottocento e nei primi anni del Novecento le classi privilegiate temono l’esposizione al sole e sono convinte che i bagni possano essere presi solo nell’oceano", scrivono gli autori.
Nel volume di Martini e Francesconi si legge che, se qualche membro dell'aristocrazia era costretto a rimanere a Nizza nei mesi estivi, cercava addirittura di non farsi riconoscere, perché era un periodo troppo "inelegante". Gli albergatori della città ebbero il loro bel daffarsi per convincere i turisti a rimanere almeno fino a maggio, e fu solo grazie al rinnovato, ricco impianto urbanistico (hotel, ville, giardini, casinò, teatri, ristoranti, il celebre lungomare) che Nizza e la Costa Azzurra in generale riuscirono a convincere l'élite a soggiornarvi anche nei mesi caldi, sedotta dal luccichio della nuova, accogliente, lussuosa città.
Dalle acque termali di Bath a quelle Boeme, passando per i laghi della Svizzera e le vallate alpine, fino alle spiagge-salotto più celebri (la sopra citata Costa Azzurra, Monte Carlo, il Lido di Venezia, la Riviera Ligure, Biarritz) e all’Egitto, il vicino Oriente, il Maghreb, l’India, gli autori ci portano alla scoperta di un mondo forse non del tutto perduto, ma decisamente cambiato. Un percorso che tocca la storia del costume, della moda, dell’architettura di un’epoca in cui viaggiare era sinonimo di privilegio, di lusso, ma anche di suggestione, fascino ed evocazione, distante anni luce dalle "trappole per turisti" che l’avvento della vacanza low cost e del viaggio poco responsabile hanno prodotto. In questo periodo di costretta immobilità, La moda della Vacanza diventa un’affascinante via di fuga mentale e allo stesso tempo un’occasione di riflettere su questo privilegio che certamente torneremo ad avere, ma che forse dovremmo cominciare a ri-immaginare in un’ottica più sostenibile.