
Sono in molti a supporre che la nomina di Beckwith sia funzionale a mettere a tacere chi sostiene che le scelte del Guggenheim seguano un pattern legato al colore della pelle di artisti, personale interno, curatori. Ma c'è anche chi scommette sulle sincere buone intenzioni della fondazione artistica, visto che la nuova capo curatrice “giocherà un ruolo fondamentale nel plasmare la visione del museo”, si legge nella nota stampa. La chief curator darà un nuovo impulso, una nuova visione, una lettura diversificata a quella che fino ad oggi è stata un’istituzione total white (o quasi).
Naomi Beckwith, che fino ad oggi è stata curatrice del Museum of Contemporary Art di Chicago, ricoprirà l’incarico a partire da giugno 2021, e andrà a sostituire Nancy Spector, la curatrice veterana del Guggenheim (34 anni di servizio): è proprio lei ad esser stata accusata di avere una gestione razzista del personale. Chaedria LaBouvier, curatrice della mostra su Jean-Michel Basquiat che il museo ha ospitato nel 2019, ha raccontato in più occasioni, sia a mezzo social che a interviste, di essersi sentita profondamente discriminata dallo staff dell'istituto e in particolare dalla capo-curatrice Spector. "Lavorare al Guggenheim è stata l'esperienza professionale più razzista della mia vita", ha twittato.
Il museo aveva inoltre ricevuto una lettera da parte di un gruppo di curatori che denunciava “un ambiente di lavoro ingiusto che autorizza il razzismo, la supremazia bianca e altre pratiche discriminatorie”. Le accuse avevano portato ad un’inchiesta, terminata senza riscontri effettivi di razzismo all’interno del sistema museale, ma Spector ha dato comunque le dimissioni.
L’arrivo della prima curatrice nera al Guggenheim di New York, Ashley James, è giunto più o meno in contemporanea all’epoca della ‘bufera’, e da allora il museo si sta impegnando in un programma che mira ad aumentare la diversità tra il personale e formare i lavoratori e le lavoratrici per sensibilizzarli rispetto al tema delle discriminazioni. Beckwith stessa ha dichiarato di non voler essere il ‘cerotto’, paragonando la questione della mancata diversità ad una ferita “Non avrei accettato la posizione se non fossi certa che il museo abbia intrapreso un percorso di ‘guarigione’, cosa che sta avvenendo”.