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Vaticano, il cardinale Becciu indagato per associazione a delinquere

A confermarlo il promotore di giustizia, Alessandro Diddi: «Si tratta di un filone parallelo all'attuale processo». La difesa del religioso: «Non risultano nuove accuse, ma è pronto a chiarire»

Aggiornato alle 3 minuti di lettura

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(ansa)

Il cardinale Angelo Becciu indagato per associazione a delinquere con altre persone. È quanto risulta in un filone d'indagine aperto dal promotore di giustizia vaticano parallelamente al processo sulla gestione dei fondi della segreteria di Stato: Alessandro Diddi, in apertura della 37/a udienza del processo, ha riferito l'esito della rogatoria per l'ipotesi di reato associativo, nell'ambito della quale il tribunale di Sassari ha trasmesso in Vaticano i risultati degli accertamenti condotti sulla Cooperativa Spes di Ozieri, guidata dal fratello di Becciu, Antonino.

Interpellati dai cronisti, sia il cardale Becciu che i suoi difensori – avv. Fabio Viglione e Maria Concetta Marzo – hanno detto di non sapere nulla di questo ulteriore fascicolo. «Non risultano alla difesa ulteriori accuse, nei confronti del Cardinale Becciu, diverse da quelle attualmente in dibattimento davanti al Tribunale vaticano, rispetto alle quali, con forza e fermezza, egli rivendica la propria innocenza, confidando profondamente nel Giudice terzo«, hanno poi affermato in una nota. «Il cardinale sarà in ogni caso pronto a chiarire – hanno aggiunto –, con la forza della verità e con il consueto rispetto delle Istituzioni, ogni eventuale ulteriore contestazione».

Pur trattandosi di un'indagine parallela,  Diddi ha deciso di depositare le risultanze agli atti dell'attuale processo, ritenendole «particolarmente rilevanti». La documentazione trasmessa dal Tribunale di Sassari in Vaticano contiene «una selezione degli atti trasmessi a questo Ufficio«, e in particolare annotazioni della Guardia di Finanza di Oristano e una serie di estratti di chat provenienti dai dispositivi telefonici sequestrati a Maria Luisa Zambrano, nipote del cardinale, e al fratello di Becciu.

Tra le altre cose ci sono anche «considerazioni su questo Ufficio e sullo stesso Tribunale», ha riferito Diddi, come pure considerazioni su giornalisti che secondo gli inquirenti «avrebbero partecipato a una campagna di stampa contro questo processo». Si parla anche di monsignor Sergio Pintor, morto due anni fa, «che era vescovo di Ozieri quando fu aperto il conto utilizzato dalla Cooperativa Spes», e dei suoi legami «con persone di questo processo».

Emersi poi i documenti di trasporto (bolle di consegna) del pane della Coop Spes alle parrocchie - esattamente 928 documenti di trasporto - che sarebbero serviti «a giustificare le somme erogate dalla diocesi alla Spes». Diddi ha riferito di una vera e propria falsificazione delle bolle di consegna per 18 mila kg di pane, documenti che secondo la ricostruzione della Gdf sarebbero stati realizzati poche settimane prima dell'inizio dell'attuale processo, ma riguardanti consegne di pane risalenti al 2018. A quanto ha spiegato il pg vaticano, le Fiamme Gialle «sono andate parrocchia per parrocchia a cercare i destinatari del pane e nessuno ha riconosciuto la propria firma sui documenti di trasporto».

Per quanto riguarda i rapporti tra l'allora vescovo Pintor e la famiglia Becciu, Diddi ha parlato di «pesanti ingerenze della Curia romana sull'attività della diocesi». «Pintor non aveva alcun controllo della Caritas - ha riferito Diddi su quanto emerso dalla rogatoria -: la diocesi e la Caritas erano gestite in sostanza dalla famiglia Becciu. La Procura di Sassari è arrivata alle nostre stesse conclusioni».

Inoltre, riguardo al cosiddetto “conto promiscuo” utilizzato dalla Spes, «mons. Pintor nulla sapeva della sua apertura». E nelle chat emerge che «si cercava un direttore di banca che certificasse che fosse stato mons. Pintor l'autore dell'apertura del conto, che invece non conosceva». Altre risultanze, quella sui rapporti «cordiali, amichevoli» di Giovanna Pani, tra i familiari di Becciu, con Cecilia Marogna.

Dalla relazione della Gdf di Oristano, infine, secondo Diddi emerge un «fatto inquietante», il ritrovamento della registrazione di una telefonata tra il card. Becciu e papa Francesco il 24 luglio 2021, tre giorni prima dell'apertura del processo in Vaticano e una decina di giorni dopo l'uscita del Papa dal Gemelli dopo il suo intervento chirurgico al colon. «In Piazza del Sant'Uffizio sono presenti, oltre a Becciu, la Zambrano e una terza persona non identificata».

Dall'audio si ascolta Becciu lamentarsi col Papa: «Lei mi ha già condannato, è inutile che faccia il processo!». Il porporato parla dei soldi versati su indicazione di Cecilia Marogna – suora colombiana rapita nel 2017 in Mali – all'agenzia britannica Inkerman per la liberazione della suora colombiana rapita da jihadisti in Mali. «Per il riscatto - ha osservato Diddi - Becciu chiede al Papa di confermargli che c'era stata la sua autorizzazione a versare i soldi alla Inkerman. Nelle sue dichiarazioni, il cardinale ha detto che il Papa era al corrente, invece nella telefonata il Santo Padre resta perplesso. D'altra parte era da poco uscito dal suo ricovero, era affaticato».

Il presidente del tribunale ha ordinato ai giornalisti di lasciare l'aula durante la riproduzione della registrazione, in quanto non era stata ancora formalmente ammessa come prova. Suor Gloria Cecilia Narvaez è stata rapita da al-Qaeda nel Maghreb islamico, che aveva finanziato la sua insurrezione sequestrando occidentali. Durante la sua prigionia, il gruppo mostrava periodicamente Narvaez in video chiedendo l'aiuto del Vaticano. Becciu aveva detto alla corte il 5 maggio di aver sollevato la sua situazione con Francesco e che il pontefice aveva accettato di spendere fino a 1 milione di euro per assumere la ditta britannica, Inkerman Group, per trovare la suora e assicurarsi la sua libertà. Alla fine è stata rilasciata l'anno scorso e ha incontrato il Papa.

La legge vaticana non prevede che il Papa venga interrogato durante un processo penale, ma gli avvocati della difesa hanno detto che vogliono chiedergli cosa sa delle varie decisioni finanziarie, e hanno affermato che la registrazione ha rafforzato la loro tesi secondo cui la testimonianza del Papa è fondamentale per il processo.

Il resto dell'udienza è stato dedicato oggi all'interrogatorio del testimone d'accusa mons. Alberto Perlasca, ex capo dell'Ufficio amministrativo nonché parte civile nel processo, testimonianza che continuerà domani con l'esame da parte delle difese.

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