Carlo Cracco questa seconda stagione di Dinner Club testimonia la bontà di una miniserie che la vede protagonista. Lontani i tempi di Masterchef e di quando lasciò il programma perché la tv sembrava starle stretta.
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«A Masterchef è stato bello sinché è durato ma per me ha avuto il suo compimento e, forse, mi sono goduto la parte più bella. Ricordo però che sentivo dentro di me la sensazione di far sempre la stessa cosa. Sono uno che si annoia presto e in Dinner Club è impossibile. Viaggio, cibo, intrattenimento sono un tutt’uno e certamente, almeno a quanto ci dicono dalla produzione, è il motivo per cui siamo andati così bene alla prima stagione. Il mio mestiere non è fare il giudice ma il cuoco e per definizione uno scopritore di sapori. Per gli chef la parte più bella del lavoro è trovare ingredienti nuovi, persone nuove e certamente nuovi territori; questo programma rappresenta perfettamente me e il mio lavoro».
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Da quando non è più l'imperturbabile e burbero giudice di Masterchef ha avuto modo di incontrare i suoi vecchi compagni di battaglia? Bruno Barbieri e Cannavacciuolo nel frattempo sono diventati star del piccolo schermo.
«Ma certo e sono felice per i loro successi. Con Antonino e Bruno ci siamo visti perché le registrazioni, sia per Masterchef che per noi, sono realizzate in studi adiacenti. Un giorno mi sono venuti a trovare. Ci vogliamo bene ed è bello ritrovarsi ogni tanto».
Non le hanno detto: «ci manchi, torna da noi»?
«Sono stati molti carini ma ognuno ha fatto la sua strada e poi, come ho detto, a me piace cambiare. Io sono un po' più classico e amo rimanere attaccato al mio lavoro mentre Bruno ha il suo mondo e nella vita si era stufato di stare sempre dietro ai fornelli. È una scelta corretta, in più non ha un ristorante e degli obblighi di cucina. Per lui fare televisione è stato un sogno che si è avverato».
Tornando a Dinner Club, come si è trovato con questo parterre di personaggi? Stiamo parlando di autentiche star della tv e del cinema».
«Sono persone eccezionali che si muovono in una situazione al di fuori della loro comfort zone eppure non c’è una recita o un copione. Abbiamo scoperto insieme alcune cose che a volte nemmeno io conosco così bene. Trovarsi di fronte a tutte queste personalità in questi luoghi fantastici è stata un’esperienza che ci ha arricchito».
Con chi si è trovato meglio?
«Assolutamente con tutti anche perché ogni volta cambia il mezzo di locomozione, il mood, la regione che visitiamo e ci sono gag, chiacchierate, aneddoti troppo divertenti diversi per ognuno di loro».
Chi ha cucinato meglio?
«Rispetto a queste due stagioni ricordo bene che Picchio, il soprannome di Pierfrancesco Favino, è quello che ha più talento. A di là della bravura come cuoco ci ha messo la voglia di vincere perché, alla fine, si vince una coppa che attesta qual è il piatto più buono e lui voleva vincere a tutti i costi».
Favino era un concorrente della prima edizione ma, parlando di questa volta, faccia un nome.
«Non sto a dire chi però mi piace ricordare qual è stata l’esperienza senz’altro più forte di quest’anno. Con Lucianina Littizzetto abbiamo mangiato il polpo fritto a bordo di un peschereccio insieme ai pescatori; gente che fa un mestiere pesante e complicato. Abbiamo mangiato con loro in mare aperto. Niente di strano o difficile da cucinare, il polipo pescato, messo in padella e fritto accompagnato da una bella bottiglietta di birra. Nulla di ricercato, anzi la cosa più semplice possibile, ma dentro quel piatto io e Luciana abbiamo trovato un mondo di sapori: raccontarli è stato bellissimo».