
In fondo, il concetto è dettato da una questione di doveroso rispetto della valenza di un determinato territorio. Solo così, a mio parere, ha senso parlare di “terroir” nella vera accezione del termine, tanto caro a chi si occupa di vino con una certa passione. Siamo nell’ambito amministrativo del comune di Greve in Chianti, nel cuore di una delle zone vitivinicole più famose del pianeta, nella frazione di Panzano. Da secoli, l’areale conosciuto con l’appellativo di “Conca d’oro” per la fertilità e il colore giallo delle pannocchie dei cereali coltivati. In seguito, per ragioni socioeconomiche, il paesaggio agrario si è progressivamente modificato ed il grano è stato sostituito dalla vite con gli esiti superlativi sul piano qualitativo che oggi è possibile apprezzare.
[[ge:rep-locali:repubblica:286698065]]La storia recente del Chianti è cominciata negli anni Settanta del secolo scorso, in coincidenza con la cessazione delle consuetudini della mezzadria, un fenomeno assai significativo sul piano sociale, soprattutto nel Granducato. Molti proprietari hanno iniziato a guardare con occhi nuovi alle opportunità rappresentate dai loro fondi agricoli, grazie anche ai mutamenti delle tendenze di vita. Si aprivano nuovi orizzonti: il vino di pregio diventava una sorta di status symbol. Ora, è possibile valutare con la necessaria serenità di giudizio gli esiti della rivoluzione che ha coinvolto in maniera diversa, nell’approccio intellettuale, i tanti protagonisti che l’hanno vissuta. Sotto tale aspetto, mi piace sottolineare l’esempio costituito da Alceo Di Napoli, al Castello dei Rampolla in località S. Lucia in Faulle, proprio a Panzano. Egli, rientrato in Italia dal Sud America, dove era stato per lavoro, decise di occuparsi personalmente della conduzione dei poderi di famiglia.
I terreni sui quali si articola la superficie vitata dell’azienda, a S. Lucia in Faulle di Panzano in Chianti, appartengono alla famiglia dal 1739. Il Castello dei Rampolla, di conseguenza, costituisce uno dei punti di riferimento delle vicende storiche del comprensorio chiantigiano più autentico, esteso tra Firenze e Siena.[[ge:rep-locali:repubblica:286698520]]
Da circa vent’anni, i figli Maurizia e Luca hanno indirizzato la produzione su un percorso regolamentato dai rigorosi criteri della biodinamica. La convinzione filosofica trova la puntuale applicazione pratica sia in vigna sia in cantina. La naturalità, per questo, rappresenta il pregevole filo che unisce i diversi vini, indipendentemente dalla tipologia dei vitigni impiegati. La degustazione dischiude, di volta in volta, gradevoli sensazioni destate dalle dimensioni espressive delle rispettive identità. Suscitano impressione, certo, il garbo e l’eleganza che distinguono i singoli prodotti: una constatazione magari inattesa, particolarmente nei rossi.
Chianti Classico 2017 – si tratta di una finestra spalancata dalla quale è possibile cogliere tutti gli aspetti più significativi della “Conca d’Oro”. Il bouquet e il gusto disegnano gli immaginifici contorni di un mondo speciale: quello dove le parole e i sentimenti vengono dedicati al sangiovese e ai suoi paladini, il cabernet sauvignon e il merlot. Un Chianti Classico in tutto e per tutto.
Liù 2018 – il nome del vino è dedicato affettuosamente da Maurizia e Luca alla mamma Livia. È un merlot al 100% che proviene da una vigna particolarmente vocata per il microclima. Una parte del procedimento di vinificazione si svolge in anfore di cotto dell’Impruneta che concorrono a creare determinate note aromatiche, senza l’aggiunta di solfiti. Poche le bottiglie disponibili di ogni annata, inestinguibile il periodo dell’affinamento.
Sangiovese Santa Lucia 2018 – uve sangiovese in purezza. La trasformazione avviene in recipienti di cocciopesto, un materiale inerte elaborato in un opificio di Pontedera, nei quali il vino riposerà per alcuni mesi senza essere filtrato. Spiccata la sua personalità.
D’Alceo 2015 – la magnifica sinergia tra il cabernet sauvignon e il petit verdot ha permesso di mettere a punto questo rosso di ragguardevole caratura: un vino da contemplare per seguire attentamente le infinite sfumature della sua evoluzione. Realizzato completamente con processo biodinamico, va inteso come un sentito omaggio che Maurizia e Luca hanno rivolto al papà Alceo, il quale era profondamente legato al vigneto di cabernet sauvignon. Un gesto d’amore che dispensa emozioni a non finire.
Il Sammarco secondo Aldo Santini
Devo ad Aldo Santini il grande piacere della conoscenza del Sammarco, avvenuta nel 1995. Livornese, giornalista e scrittore di notevole levatura, pubblicò in quell’anno, con l’editore Franco Muzzio, il bellissimo libro “Chianti amore mio”.