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IBM, l'intelligenza artificiale un'alleata nella lotta al climate change

Secondo Stefano Rebattoni, ad di IBM Italia, "l'intelligenza artificiale può aiutare le imprese a perseguire obiettivi ambientali, sociali a patto di saperne gestire i rischi"
2 minuti di lettura

L'11 maggio 1997 Deep Blue, il supercomputer di IBM, sconfigge il campione di scacchi Garry Kasparov: per la prima volta un'intelligenza artificiale supera una mente umana. 25 anni dopo gli algoritmi riescono anche a padroneggiare il linguaggio umano. "L'AI ci può migliorare la vita, a patto di saperne gestire i rischi", dice Stefano Rebattoni, ad di IBM Italia.
 

Tutti parlano di AI "generativa" come una tecnologia destinata a cambiare tutto. Perché?
"IBM ha creduto nelle enormi potenzialità dell'AI fin dagli anni '90, occupandosene in tutti i suoi aspetti: tecnologici, di governance ed etici. Un percorso passato attraverso lo sviluppo di algoritmi di machine learning e deep learning, la firma della Call per l'AI etica voluta dalla Pontificia Accademia per la Vita, fino all'annuncio della nuova piattaforma Watsonx che coniuga AI tradizionale, AI generativa e modelli fondativi basati su set di dati sicuri, senza bias (pregiudizi, ndr) e aderenti alle più stringenti norme sulla privacy. La svolta attuale si basa proprio su questi modelli pre-addestrati di AI che Ibm dedica alle aziende pubbliche e private, sostenendole nel perseguire obiettivi di sostenibilità ambientale, sociale ed economica. Pensiamo a un "digitale per il reale" che risolva problemi concreti e migliori la vita di tutti".

 

Si prevedono benefici e rischi.
"Oggi abbiamo la possibilità di utilizzare dati, AI e capitale umano adeguatamente formato per abbattere consumi energetici ed emissioni di CO2 evitare crolli di infrastrutture e ottimizzare la manutenzione di quelle idriche, migliorare la raccolta differenziata, mitigare le strozzature delle supply chain e proteggere informazioni strategiche dai crescenti attacchi cyber. Tutti progetti reali, che IBM ha già avviato con protagonisti importanti come Gruppo Hera, Autostrade per l'Italia, Metropolitana Milanese, Bper, Nexi o Intesa Sanpaolo. Ma ci sono anche grandi rischi che è bene considerare. Parlo della programmazione della AI che, se fatta senza cura e rispetto delle regole, può portare a distorsioni pericolose. Pensi a una AI utilizzata per selezionare talenti in azienda in cui vengano trasferiti pregiudizi di genere o età: sarebbe disastroso".

 

Il CEO di IBM Arvind Krishna ha detto che la società metterà in pausa l'assunzione di 7.800 persone la cui attività potrà essere rimpiazzata dall'AI. L'impatto sull'occupazione è già arrivato?
"Ha detto ciò che chi si occupa di innovazione e sviluppo delle professioni sa già da tempo: nei prossimi 5 anni alcune attività di natura estremamente ripetitiva e di limitato valore umano aggiunto potranno essere svolte dall'AI. La vera emergenza credo sia un'altra. In Italia, a fronte di una disoccupazione giovanile oltre il 22%, abbiamo oltre un milione di posti di lavoro che non riusciamo a coprire. Un paradosso che impone a pubblico e privati di fare sinergia. IBM, per esempio, ha avviato con i suoi partner una piattaforma gratuita di apprendimento online, SkillsBuild, che ha all'attivo corsi di formazione su cybersecurity, AI e informatica quantistica".

 

L'AI va tenuta fuori dalle scuole o integrata nell'insegnamento?
"Meglio mettere la testa sotto la sabbia o insegnare l'uso consapevole della tecnologia? L'AI a scuola potrebbe aiutarci a reperire informazioni in tempo reale, essere oggetto di studio. Un martello può essere usato per appendere un quadro o ferire qualcuno. Sta a noi decidere. Le nuove generazioni vanno allenate a ragionare, anche con il supporto della tecnologia".