Sappiamo che nei prossimi anni le città si troveranno ad affrontare disastrosi shock climatici; eppure, la maggior parte dei residenti urbani è solo vagamente consapevole dei rischi. Una delle ragioni è che sindaci, responsabili e giunte comunali spesso faticano a raccogliere o analizzare il giusto tipo di informazioni. Affrontare questa "lacuna di dati" diventa pertanto una delle sfide chiave per il futuro della transizione ecologica.
Esistono diversi segnali positivi che possiamo cogliere. Sempre più governi locali stanno implementando strategie di mitigazione e adattamento, con oltre 11.000 città in tutto il mondo che hanno sottoscritto un patto globale per affrontare il cambiamento climatico e gestire la transizione verso l'energia pulita. Eppure, nonostante questo, praticamente nessuno dispone degli strumenti di base per misurare i progressi. Peggio ancora, oltre il 40% delle città (che ospita circa 400 milioni di persone) non dispone ancora di una significativa strategia di adattamento ai cambiamenti climatici. E questa quota è ancora più bassa in Africa e in Asia, dove si stima avrà luogo il 90% di tutta l'urbanizzazione futura nei prossimi trent'anni. Le strategie da sole, però, non bastano: è necessario incrementare le piattaforme di monitoraggio basate sui dati.
Carlo Ratti, l'architetto delle città socievoli

Alimentati da satelliti e sensori, questi sistemi sono in grado di tracciare le temperature all'interno e all'esterno degli edifici, allertare gli abitanti delle città sui problemi di qualità dell'aria e fornire informazioni ad alta risoluzione sulle concentrazioni di polveri sottili e gas serra specifici (biossido di carbonio e biossido di azoto).
Le aziende tecnologiche sono le prime a muoversi in questo mercato. Ad esempio, Google ha lanciato uno strumento chiamato Environmental Insights Explorer che aggrega i dati sulle emissioni correlate agli edifici e ai trasporti, sulla qualità dell'aria e sul potenziale solare per le autorità municipali. E molti progetti di scala internazionale come Climate Watch, Project AirView, Project Sunroof e Surface Particulate Matter Network stanno fornendo agli analisti di città dati storici, monitorando l'inquinamento delle auto e le perdite di metano, e persino aiutando i singoli utenti a determinare il potenziale di energia solare delle loro case.
Ma vale la pena ricordare che molte iniziative del settore privato relative ai dati sul clima sono state costruite sulla base di vasti programmi finanziati con fondi pubblici. La fonte più nota di dati climatici è la NASA, che utilizza dati satellitari e modelli meteorologici e di dispersione chimica per tracciare le emissioni e prevedere il movimento degli inquinanti. E alcune città all'avanguardia hanno già iniziato a lavorare con data provider minori quali PlumeLabs, che raccoglie dati sulla qualità dell'aria attraverso sensori distribuiti localmente.
Per costruire un ecosistema armonioso di dati sul clima servirà una piattaforma accessibile in grado di consolidare metriche disparate. I dati dovranno anche essere razionalizzati e standardizzati, per migliorare il monitoraggio di input, output, risultati e impatto. Una migliore gestione dei dati migliorerà il processo decisionale e darà potere ai cittadini, favorendo potenzialmente la collaborazione, se non addirittura una sana competizione tra città.
Esistono, tuttavia, alcuni rischi nel consolidamento e nella standardizzazione dei dati sul clima per le città. Quando le aziende tecnologiche mondiali invadono il mercato, possono frenare l'innovazione locale nella raccolta e nell'analisi dei dati. Allo stesso modo, quando i dati sul clima sono più centralizzati, gli interessi politici e aziendali potrebbero puntare maggiormente a distorcerli a loro favore attraverso il lobbismo e altri mezzi. Spetta dunque ai decisori politici garantire che tutti i dati potenzialmente sensibili siano mantenuti privati ??e protetti e che i set di dati e gli algoritmi che questi ultimi alimentano evitino di riprodurre pregiudizi strutturali o altri tipi di discriminazioni.