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Sul Piano per l'energia e il clima l'Italia è in ritardo

Sul Piano per l'energia e il clima l'Italia è in ritardo
Un report doveva essere presentato alla Commissione europea la settimana scorsa ma come ha detto il capo dipartimento Energia del ministero dell'Ambiente: "Abbiamo appena iniziato a lavorarci". Per l'ex ministro Costa bisogna "convocare degli stati generali sul Pniec in modo da farne uno condiviso"
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"Sul Pniec siamo in ritardo". L'ammissione arriva a metà mattinata per bocca di Federico Boschi, capo del Dipartimento Energia presso il ministero dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica (Mase). Boschi è l'ultimo tra gli esperti a prendere la parola nel corso del convegno "Un Piano nazionale Energia e Clima a vantaggio di tutti", organizzato da Ecco, il think tank italiano per il clima, e fortemente voluto alla Camera dal vicepresidente di Montecitorio Sergio Costa, ex ministro dell'Ambiente.

 

La settimana scorsa il governo avrebbe dovuto presentare alla Commissione un progress report, un rapporto sullo stato dell'arte del nuovo Pniec. "Qualcosa è stato caricato sulla piattaforma digitale europea, ma sono dati parziali e incompleti", spiega un addetto ai lavori. Boschi attribuisce parte del ritardo proprio al non corretto funzionamento della piattaforma Ue, ma non nasconde che il vero problema è un altro: nessuno ha messo mano seriamente al Pniec nei mesi scorsi. "Gli altri Paesi europei ci stanno lavorando da tempo, noi abbiamo appena iniziato", confessa il capo del Dipartimento Energia del Mase. La responsabilità sarebbe dunque del governo e dei ministri precedenti, che non avrebbero messo tra le priorità la riscrittura del Piano nazionale integrato energia e clima.

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Ora però il tempo stringe. Non solo perché è urgente intervenire il prima possibile, come ribadito dal Rapporto dell'Ipcc, se si vogliono evitare le peggiori conseguenze della crisi climatica. Ma anche per rispettare le scadenze concordate con l'Unione europea: la versione definitiva del Pniec andrà consegnata alla Ue entro il 30 giugno e poi, dopo avere recepito eventuali aggiustamenti suggeriti da Bruxelles, il testo dovrà essere approvato entro fine anno. C'è persino chi ci legge una precisa strategia: procrastinare la consegna alla Commissione significa dare meno tempo ai tecnici dell'Unione per fare le pulci al Pniec italiano. Aldilà delle interpretazioni e delle dietrologie, resta il ritardo. E la scarsa consapevolezza, perfino tra i parlamentari, di quanto sia fondamentale il Pniec per il futuro energetico, economico e climatico del Paese. Il convegno organizzato alla Camera ha proprio questo obiettivo: sensibilizzare i deputati e spingerli a impegnarsi perché la stesura del nuovo Pniec non avvenga nel chiuso di uno o due ministeri, ma sia frutto di un confronto anche con la società civile. E ribadire, ancora una volta, che una politica climatica lungimirante non è un "bagno di sangue" per cittadini e imprese, ma una opportunità e l'unico modo per non restare tagliarti fuori dai nuovi mercarti delle "clean tech".

La versione precedente (e ancora vigente) del Piano fu varata a fine 2018 e non poteva tener conto degli attuali obiettivi di taglio alle emissioni su cui si sono accordati i Paesi Ue (-55% entro il 2030). Né del fatto che poco più di un anno fa la tutela dell'ambiente sia stata inserita in Costituzione. Dunque si tratta ormai di un documento obsoleto. Il Pniec aggiornato dovrebbe invece definire la strategia energetica dell'Italia per gli anni a venire, in modo che sia coerente con le riduzioni della CO2 concordate a livello europeo e globale. Il rischio però è che il Piano venga considerato una mera formalità burocratica affidata ai tecnici del ministro Pichetto Fratin, anziché il testo fondamentale con cui pianificare le future politiche industriali, il sistema dei trasporti, la produzione di energia. Ancora oggi le strategie energetiche sono ispirate da chi ha risolto i problemi energetici dell'Italia nei decenni passati (l'Eni). Ed è un controsenso reclamare per il nostro Paese il ruolo di "hub europeo del gas" quando tutta la comunità scientifica rivolge un appello urgente alla politica perché si abbandonino il prima possibile i combustibili fossili. Se mai nel Pniec venisse messo nero su bianco questo progetto si correrebbe il serio rischio di veder bocciato il Piano in sede europea.

 

Anche per questo è fondamentale, come chiedono gli esperti di Ecco, a cominciare da Matteo Leonardi, co-fondatore del think tank e direttore esecutivo per le Politiche nazionali, che alla stesura del Pniec partecipi la più ampia platea possibile di soggetti interessati. Un'idea condivisa dal vicepresidente della Camera Costa che, a chiusura dei lavori, propone di "convocare gli Stati generali del Piano nazionale integrato energia e clima, per un Pniec davvero condiviso da tutti". "Il ritardo in cui ci troviamo almeno un vantaggio ce l'ha - dice Bioschi - potrebbe permettere quella partecipazione che sarebbe stata impossibile se oggi fossimo stati in dirittura d'arrivo".