Il vento fischia attraverso gli infissi della base. Fuori c'è la luce rosata di un tramonto che durerà tutto il giorno e sfumerà nella notte. La temperatura esterna è di -20°C, ma quella percepita dal nostro corpo, a causa del vento, è di -44°C. Come un avvertimento, la temperatura percepita è leggibile su un display nell'edificio comune gestito dalla King's Bay, la società norvegese che gestisce l'insieme di basi internazionali di Ny-Alesund, nell'arcipelago delle le isole Svalbard.
L'inverno alla base artica del Dirigibile Italia, del Cnr, è dominato dal buio della lunga notte artica, o dalla tenue luce del sole, quando questo riprende a salire con il ritorno della primavera pur restando celato da una catena montuosa fino a metà marzo. È facile pensare che l'inverno congeli il mare, il territorio, gli ecosistemi o persino l'atmosfera. Che tutto rimanga sospeso in un letargo totale, in attesa dell'estate artica. Ma non è così.

Il Gruvebadet è un edificio non lontano dalla base, ai piedi di una catena di montagne che domina sulla base. Si raggiunge in motoslitta o, talvolta, anche in sci. Qui si trovano una infinità di strumenti di monitoraggio ambientale, in cui vengono raccolti, giorno e notte, per tutto l'anno, campioni di aria. Da questi campioni si estrae tutto ciò che l'aria trasporta, dai gas alle forme di inquinamento originate a migliaia e migliaia di chilometri di distanza. Un inquinamento che la scienza ci ha mostrato capace di contaminare anche ghiacci e nevi fino al Polo Nord.

Proprio quest'anno si è svolta la prima missione per comprendere il comportamento della vita microbica sotto il manto nevoso invernale. La domanda che gli scienziati si sono posti era: anche i batteri nel terreno vanno in letargo in inverno? "Con la fusione del permafrost, la porzione congelata del terreno che si sta sciogliendo a causa del riscaldamento globale, il cosiddetto strato attivo, ovvero la parte superficiale del terreno che annualmente si congela in inverno e si scongela in estate, sta diventando più spesso", spiega Donato Giovannelli, microbiologo della Federico II di Napoli.

Tra uno scavo nella neve e una pausa dalla trivella portatile, Giovannelli spiega: "Vogliamo scardinare la vecchia assunzione secondo cui in inverno non ci sia attività batterica. Oggi sappiamo che c'è una vita adattata a quelli che per noi sono ambienti estremi. E questa attività microbica, purtroppo, contribuisce alla produzione di gas serra". Insomma, come un circolo vizioso, l'attività microbica produce gas serra (anidride carbonica e metano) che favorisce la fusione del permafrost. Che favorisce l'attività microbica. E così via, in un processo che si auto-sostiene e che acuisce il riscaldamento globale.
