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"L'Unesco salvi la Grande barriera corallina: è in pericolo"

"L'Unesco salvi la Grande barriera corallina: è in pericolo"
(reuters)
 L'Australian Marine Conservation Society e altre associazioni chiedono all'Unesco un nuovo status per la barriera in declino, in modo da fare pressione sull'esecutivo, accusato di non fare abbastanza per  abbassare le emissioni
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Potrebbe sembrare un paradosso, ma serve più pressione per allentare la pressione. Almeno se si parla di salvare una delle più affascinanti meraviglie del mondo, la Grande Barriera Corallina. La pressione, a livello politico e di comunicazione, è quella che sta tentando di mettere l'Australian Marine Conservation Society, insieme ad altre realtà in difesa degli oceani, per chiedere che il Comitato del Patrimonio Mondiale dell'umanità Unesco (WHC) definisca lo stato della Grande Barriera Corallina australiana come "patrimonio mondiale in pericolo". Uno nuovo status che potrebbe avere conseguenze su turismo ed economia, ma che aumenterebbe la pressione pubblica per un intervento più deciso per cercare di salvare il futuro dei coralli e degli ecosistemi marini.

Sarebbe dunque un modo per sollecitare così il governo australiano del premier Scott Morrison a cambiare rotta nella finora insufficiente lotta alla crisi climatica e nel tentativo, si spera, di aiutare la conservazione dei meravigliosi coralli. Soltanto così, con un maggiore impegno e maggiori risorse, sostengono conservazionisti e associazioni ambientaliste, si potrà lavorare per migliorare le condizione di fortissima pressione - dovuta agli effetti della crisi climatica - a cui sono sottoposte oggi le barriere coralline, piegate da acidificazione, temperature elevate, inquinamento, perdita di specie e habitat e sovrapesca. 

In sostanza, l'Australian Marine Conservation Society, chiedendo all'Unesco di rafforzare e riconoscere lo status di pericolo in cui versa la barriera, spera che il governo australiano si impegni in una azione più ambiziosa per limitare il riscaldamento globale a 1,5 gradi, mentre secondo le politiche attuali gli sforzi in campo sono coerenti a uno scenario di "2,5°- 3°C".

L'Unesco sta lavorando sul rapporto relativo allo stato di conservazione della Grande Barriera Corallina e dopo luglio farà sapere la sua decisione. Se decidesse di sostenere la mozione "pericolo", rafforzerebbe secondo le associazioni ambientaliste la causa per chiedere un maggiore sforzo nella protezione del magnifico scrigno di biodiversità australiano, riconosciuto come patrimonio mondiale da 40 anni.

“Il nostro rapporto esorta il Comitato Unesco a chiedere al governo australiano – in quanto Stato che fa parte della Convenzione sul patrimonio mondiale – di includere una nuova serie di misure di protezione della barriera. Fra queste l'impegno a limitare l'aumento della temperatura globale come deciso dell'Accordo di Parigi, con  azioni e investimenti per migliorare la qualità dell'acqua della barriera corallina e ridurre la pressione della pesca" spiegano i conservazionisti.

Nel 2014 il WHC aveva già preso in considerazione l'idea dello status di "in pericolo" della barriera, ma poi il governo australiano attraverso il piano "Reef 2050" (accolto dal WHC nel 2015) aveva promesso più sforzi per fermare il declino. "Da allora però - continuano gli ambientalisti - abbiamo assistito a più eventi di sbiancamento di massa" e diversi obiettivi del piano Reef 2050 "non sono stati raggiunti".

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Secondo Richard Leck del Wwf Australia l'Unesco ha dunque ora la chance di "raccomandare che l'Australia intraprenda un'azione molto più forte sui cambiamenti climatici e sulle energie rinnovabili di quanto non faccia attualmente. Abbiamo assistito a tre eventi di sbiancamento di massa dal 2015. Abbiamo anche visto il governo riconoscere che 1,5°C è una soglia critica per la Grande Barriera Corallina, ma la politica sulle emissioni dell'Australia è ancora attualmente coerente con 2,5°C o 3°C di aumento della temperatura". 

Mentre il governo Morrison sostiene di essere fortemente impegnato nella battaglia per ridurre le emissioni e contrastare la crisi climatica, secondo gli attivisti non c'è più tempo per azioni deboli, ma serve invece un "grande impegno per salvare la barriera" che altrimenti rischia in pochi anni una ulteriore perdita di coralli e biodiversità.