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Max Casacci (foto: Silvia Pastore)
Max Casacci (foto: Silvia Pastore) 

Max Casacci: "Api, pietre, fiumi: la musica è natura"

Un album, un libro (con Mario Tozzi) e il lockdown. Il fondatore dei Subsonica racconta il suo ultimo progetto musicale, tra tecnologia e ambiente. "Un viaggio straordinario in un mondo di suoni naturali"

4 minuti di lettura

Max Casacci è uno dei personaggi centrali della musica italiana dei nostri anni. Il suo lavoro di compositore, produttore, musicista, da solo, con gli Africa Unite e soprattutto con i Subsnonica, lo ha portato sempre ad essere all’avanguardia, sempre un passo più avanti degli altri, sempre indirizzato verso soluzioni inedite e progetti avventurosi. L’ultimo dei quali è “Earthphonia”, musica realizzata partendo dai suoni della natura. Un progetto affascinante che mescola l’impegno per la difesa dell’ambiente con l’arte, la voglia di ristabilire un contatto con la natura senza dimenticare la tecnologia, la voglia di trovare un nuovo equilibrio come nel “Terzo Paradiso” di Michelangelo Pistoletto. L’album mescola l’elettronica con il vento, il mare, le pietre, i pesci, gli uccelli, per essere più sintetici e chiari mescola la musica non solo con la natura, ma con la vita.

Casacci, come è arrivato a questo lavoro?

“Nel mio passato ci sono state tante cose con i gruppi in cui ho militato, tante campagne ambientaliste. Con i Subsonica ci siamo presi anche una diffida per una battaglia contro l’energia a carbone. Ma questa qui è un’avventura diversa da tutte le altre, arriva seguendo un terreno di esplorazione sonora. Arriva da dieci anni di musica nata da rumore e ambienti sonori riferiti al contesto urbano, per una casualità, un iniziale Big Bang, che ha messo in moto altre casualità correlate. La più bella è stata quella per la quale mi sono trovato a registrare i suoni di alcune pietre che emettevano dei suoni. E da lì è iniziato un viaggio straordinario in un mondo di suoni naturali”.

Cosa l’ha portata fino a “Earthphonia”?

C’è stato un deus ex machina, Michelangelo Pistoletto. Mi ha cercato e mi ha chiesto di provare a sonorizzare il fiume di Biella, creando un percorso chiamato “Terme Cultura” all’interno della sua fondazione di Biella, 'Cittàdellarte', che al centro ha proprio l’acqua. Sono partito dal suo 'Terzo Paradiso', ovvero la terza fase dell’umanità, che si realizza nella connessione equilibrata tra l’artificio e la natura, nella consapevolezza che si ricongiunge l’uso virtuoso della tecnologia può condurci a un nuovo equilibrio. Del resto io senza gli strumenti digitali non avrei scoperto il suono delle pietre e senza tecnologia e artificio non avrei fatto suonare il fiume. Gli dissi che ero in grado, ma in realtà all’inizio non avevo la più pallida idea di cosa fare… ma la curiosità, il gusto dell’esplorazione, l’amore per la musica, mi ha portato a vincere questa sfida. L’aver lavorato per Pistoletto ha suscitato curiosità di una Onlus che mi ha chiesto di mettere in musica l’oceano, e poi è arrivato chi mi ha fatto scoprire che esistono dei pesci che cantano in coro a una certa ora, e molte altre cose ancora. Ho iniziato a scoprire molte più cose di quelle che avevo immaginato all’inizio”.

Max Casacci, 'Oceanbreath', il suono del mare e dei suoi abitanti


Il lockdown ha giocato un ruolo in questo percorso?

“Certamente, l’intensità emotiva della prima fase della pandemia è stata fortissima, ci si interrogava su che tipo di mondo avremmo trovato una volta usciti, mi ha portato a spingermi oltre, a immaginare musica per il mondo che sarebbe venuto dopo. Era una fase di estrema lucidità, che abbiamo perso con questo stop and go, avevo tutto a fuoco, con un grande trasporto di ingenuità, capivo che poteva diventare una esperienza e mi aiutava a colmare intere giornate che non avrei avuto a disposizione in un altro momento. Alla fine è stata un’operazione anche in qualche modo presuntuosa, il mio primo album solista solo con i suoni della natura. Ma con l’aiuto di molti altri incontri, quello con Maria Sole Bianco, con Stefano Mancuso, con i ragazzi di Slow Food, e altri ancora, che mi hanno fatto conoscere cose che ignoravo e capire che c’era un supporto più articolato di un semplice album per raccontare tutte queste cose come le ho vissute io da cittadino ignorante, che mi ha portato a realizzare anche il libro. Insomma, per rispondere alla sua prima domanda, la coscienza ambientalista c’era, la preparazione no e nel libro racconto come tutto questo per me ha trovato un senso, anche attraverso lo stupore”.

In che senso?

“Noi gente di città ci interessiamo alla natura attraverso l’elemento dello stupore, e l’ho evidenziato come sottotesto di tutta la narrazione, anche iconografico. Marino Capitanio, coautore, ha captato esattamente questa cosa e ha creato oggetti immaginifici irreali, come le wunderkammer dei nobili di qualche secolo fa, oggetti che non esistono ma con forme che ci riconducono alla natura, ha animato la copertina in realtà aumentata e ha creato tutti i visual, anche quest’ultimo delle api. E poi, determinante, è stato il rapporto con Mario Tozzi, lui per primo è stato entusiasta di partecipare a un'opera non legata a l’ambientalismo che parla solo di minacce e di pericolo. Certo, è giusto e fondamentale lanciare allarmi, ma è anche importante, magari in una chiave un po’ naïf, mettere insieme cose belle, importanti, anche cose che tutte insieme in un solo libro, o progetto, non sono mai state raccontate, che abbiano però un sentimento di stupore e di gioco”.

Lo slogan “no music on a dead planet” è uno dei più forti in circolazione. Racconta non solo che se il pianeta muore non ci sarà più musica, ma che senza musica noi stessi moriremmo…

“Noi senza musica e suono non potremmo vivere, in uno spazio anecoico, di silenzio assoluto, gli esseri viventi dopo un po’ deperiscono. La musica è la natura, è nata ad imitazione del vento nei canneti, dei ritmi degli uccelli, noi l’abbiamo tradotta prendendo esempio dalla natura per realizzare i nostri strumenti. La frase che ha citato dice ancora un'altra cosa: che il mondo della musica ha avuto la prontezza di muoversi al fianco delle nuove istanze portate avanti da molti nuovi protagonisti. E’ davvero iniziata una stagione nuova, anche perché i giovani hanno preso in mano vecchi temi ma in modalità del tutto nuove. I ragazzi di oggi non sono solo giovani che riprendono in mano vecchi temi, ma modalità del tutto nuove. I ragazzi di Extinction Rebellion sono armati di un sano pragmatismo, mentre i movimenti del passato colavano ideologismi. E non hanno alcun interesse nel protagonismo individuale, nell’ego, sono plurali in tutte le loro scelte. La musica in questa immediatezza ha un ruolo importante”.

Max Casacci, 'Delta', ecco la musica dell’aria con suoni registrati sul Po

Il titolo del suo lavoro, “Earthphonia” è molto evocativo, ma anche semplice e comprensibile. E’ stato difficile sceglierlo, aveva titoli alternativi?

“Non avevo titoli alternativi a dire il vero. Ho fatto molti tentativi ma non ho trovato nessun altro titolo che fosse altrettanto immediato e non retorico, che spiegasse bene che è un lavoro che non ha confini culturali e geografici. E che non ha testo. E poi credo spieghi il fatto che si tratta di un linguaggio musicale tutto sommato inesplorato in questa forma. Musicisti e sound designer ce ne sono molti, pochi hanno tentato una traduzione in una chiave pop, ma in pochissimi hanno cercato di elaborare un lavoro che mescolasse i suoni della natura e la tecnologia in questa maniera. Mi piace pensare a questa musica come a una sorta di esperanto, una lingua comune e accessibile a tutti, un’opera senza selezione all’ingresso, che può essere spiegata in poche parole e non lascia fuori nessuno”.