I video sono quelli che consumano di più, specie se in streaming perché coinvolgono anche i server che devono mandare o smistare il flusso di dati che li compongono. E maggiori sono le dimensioni dello schermo, maggiore è la possibilità di emissioni di gas serra. Ma non c'è solo la CO2, le infrastrutture del Web occupano anche terreno e consumano risorse idriche. Ora uno studio ha cercato di dare un'idea delle dimensioni del problema, calcolando anche il verde che sarebbe necessario per bilanciare l'impatto ambientare delle nostre attività digitali cominciando da una delle più comuni: una videochiamata.
Mandiamo a letto anche il router
Alcuni Paesi, stando ai ricercatori, avrebbero registrato un aumento di almeno il 20% del traffico Internet da marzo. Se la tendenza continuerà fino alla fine del 2021, per bilanciare le emissioni di una crescita simile è necessaria una foresta di 115 mila chilometri quadrati, cinque volte la superficie del Lazio, oltre ad una massa d'acqua per gli impianti di climatizzazione dei data center sufficiente a riempire 300mila piscine olimpioniche.
Il gruppo guidato da Nateghi ha stimato in dettaglio le impronte di carbonio, consumo di acqua e territorio per ogni gigabyte di dati utilizzati su YouTube, Zoom, Facebook, Instagram, Twitter, TikTok e altre 12 piattaforme, nonché nei videogame online e nella navigazione web. Come previsto, maggiore è il numero di video utilizzati in un'applicazione, maggiori è l'impatto. Fra TikTok, Facebook e Netflix è quest'ultima a vestire la maglia nera. Bisogna però tenere bene a mente che si tratta di stime basate su un utilizzo medio, quindi di indicazioni di massima, e dato che lo streaming si guarda su smartphone come sul televisore, ovviamente ha un impatto più significativo rispetto a social network come TikTok che sono comunque basati su filmati ma fruiti quasi esclusivamente sul telefono. Un altro aspetto che non è stato tenuto in considerazione sono le diverse strategie delle varie aziende in fatto di rinnovabili. La stessa Netflix ad esempio già dal 2019 ha avviato una serie di misure in quindici Stati degli Usa e venti Paesi nel resto del mondo per ridurre i consumi, sfruttare solare ed eolico e limitare l'impatto ambientale.
Nelle serre verticali gli algoritmi aiutano a far crescere insalata e pomodori 400 volte tanto. L'idea di usare l'intelligenza artificiale per aumentare così tanto la produzione di ortaggi, rispetto a quella delle tradizionali colture orizzontali (a parità di terreno occupato), è divenuta realtà in un ex magazzino di prodotti elettronici nella parte sud di San Francisco. Così la startup Plenty ha già conquistato finanziamenti per 400 milioni di dollari da parte di investitori del calibro di Jeff Bezos, fondatore e ceo di Amazon, ed Eric Schmidt, ex amministratore delegato di Google.Nelle serre verticali l'intelligenza artificiale fa crescere più insalata
Le emissioni dello streaming? "Una questione di definizione"
I ricercatori stessi ammettono che si tratta di stime approssimative, ma ritengono possano servire per far luce su una tendenza e portare una comprensione maggiore dell'impatto del web, che resta ancora sostanzialmente privo di un calcolo certificato dei consumi.