
L'approccio seguito dagli scienziati, come ci spiega Giorgio Contini, ricercatore dell'Istituto di struttura della materia al Cnr, docente al Dipartimento di Fisica dell'Università di Tor Vergata e co-autore del lavoro, è quello della cosiddetta "polimerizzazione sulle superfici". Si tratta di un procedimento piuttosto complesso, che deriva dal connubio tra le conoscenze della chimica dei polimeri e la fisica delle superfici, che nello scorso secolo hanno permesso, rispettivamente, lo sviluppo delle plastiche e la realizzazione delle apparecchiature elettroniche.
"I polimeri", dice Contini, "sono molecole dall'elevato peso molecolare, costituite dalla ripetizione di piccole molecole - i monomeri - unite tra loro con dei legami chimici forti. Il punto di forza del nostro approccio si fonda sulla possibilità di modificare delle caratteristiche del materiale finale, e quindi le sue applicazioni pratiche, tramite una scelta oculata dei suoi mattoncini costituenti". Finora, i tentativi di realizzare materiali di questo tipo si erano scontrati con problemi tecnici apparentemente insormontabili, primo fra tutti il "disordine" molecolare. "Se si usassero le tecniche usuali di polimerizzazione", continua l'esperto, "per ottenere materiali simili al grafene si produrrebbero strutture disordinate, simili a un piatto di spaghetti". Poco performanti dal punto di vista pratico.
Per superare l'ostacolo, gli scienziati hanno tentato per l'appunto una strada alternativa, quella della polimerizzazione delle superfici. Nonostante questo approccio sia stato utilizzato per oltre un decennio, nessun gruppo di ricerca era riuscito a produrre materiali di questo tipo con sufficiente precisione. I monomeri selezionati per realizzare il polimero sono stati scelti in base a un lavoro teorico dell'università di Dresda dell'anno scorso, che aveva discusso la possibilità di creare materiali polimerici con una struttura di tipo "kagome" (il termine giapponese con cui si descrive la geometria usata, per esempio, per intrecciare la paglia per la fabbricazione di cestini o sedie). In quell'occasione, gli scienziati calcolarono che polimeri con questa struttura avrebbero presentato caratteristiche simili a quelle del grafene, con l'aggiunta che una modifica dei "mattoncini" costituenti avrebbe permesso di migliorarne il trasporto elettrico. Finora nessun gruppo di ricerca era però riuscito a produrre materiali di questo tipo con sufficiente precisione: il team italo-canadese è invece riuscito nell'impresa. "Migliorando la tecnica di polimerizzazione", dice Contini, "abbiamo messo a punto un materiale che finalmente ha le caratteristiche di ordine e densità molecolare che cercavamo".
Cosa faremo con questi nuovi polimeri? È presto per dirlo, anche perché sarà necessario condurre ancora ulteriori esperimenti per affinare la tecnica, ma Contini e i suoi sono ottimisti: "I materiali di questo tipo potrebbero avere tutte le applicazioni promesse dal grafene e altre ancora: potrebbero essere utilizzati come elementi attivi per realizzare elettronici organici utilizzati in display, smartphone, sensori e celle solari; nanopolimeri porosi per l'assorbimento di gas nocivi; superfici biocompatibili per applicazioni di nanomedicina". Staremo a vedere.