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Sul Piccololibri il Pesce d’aprile che mise la Bora in scatola

Fabio Dorigo
Aggiornato alle 2 minuti di lettura

«Lo sapevate che l’idea del Museo della Bora è nata un po’ per gioco? Decidemmo di lanciarla esattamente il 1° aprile 1999, con la complicità della data e della Libreria Transalpina. Finimmo subito in prima pagina sul Piccolo, e fummo citati anche su altre testate nazionali». Rino Lombardi, nell’effemeride della copertina del Piccololibri che esce domani (sabato 1 aprile) all’interno del fascicolo Tuttolibri della Stampa, racconta il Pesce d’aprile da cui nacque la Bora in scatola e da lì il Museo che da allora dirige. «Il primo aprile 2011, su suggerimento dell’amica Nicoletta Benvenuti, su Facebook - continua Lombardi - lanciammo un demenziale corso intitolato “Boraterapia” che proponeva un ricco programma di attività, dalla “Respirazione refolica – Approfondimenti a naso” ai “Percorsi interiori controvento”, dalla “Banderuologia-Sessioni di conformismo” alle “Istruzioni per affrontare il giro d’aria”».

“Da riscoprire” a ven’anni dalla scomparsa (31 marzo 2003) c’è Alberto Farassino, il critico dei critici cinematografici. «Chissa cosa avrebbe detto, o scritto Alberto Farassino, venendo a sapere che il prossimo film di Quentin Tarantino si intitolerà “The Movie Critic”, lui che dei critici cinematografici italiani era il più brillante a interpretare le nuove tendenze del cinema, e il più aperto a valorizzarne tutti i mestieri» si interroga Paolo Lughi.

«Di fronte alla montagna mi sono sentito sempre piccolo ed umile. Mi sono avvicinato a lei con amore e raccoglimento. Ne ho avuto gioie, che sono superiori a tutte le felicità terrene e che non può conoscere chi non le prova. Ne ho avuto dolori, che fanno quasi sprofondare nella disperazione. Ma dai quali l'anima esce purificata. Nel segno della montagna si è svolta una gran parte della mia vita» scrive nel 1954 l'ingegnere Giorgio Brunner nel libro di memorie “Un uomo va sui monti”. Elsa Nemec racconta la figura “Borderline” dell’alpinista che in cima alle montagne incontrava l’infinito.

In “Note scordate”, la studiosa Luisa Antoni racconta invece la storia dimenticata della compositrice slovena antifascita Breda Šček nata a Trieste nell’estate del 1893: «Figlia di un macchinista delle ferrovie, originario della valle del Vipacco, trasferitosi con la moglie a Roiano, la giovanissima Frida – penultima di dodici tra fratelli e sorelle - mostrò un deciso talento musicale: a undici anni compose un valzer sul pianoforte faticosamente acquistato con i soldi dello zio, creando così il primo brano di una ragguardevole produzione musicale».

Dalla scrittrice slovacca Ilma Rakusa (“Il mare che bagna i miei pensieri”), che vive a Zurigo, arriva invece “La cartolina” della settimana. «Trieste era davvero sinonimo di felicità per me, perché trascorrevo ore meravigliose con mia madre sugli scogli della spiaggia di Barcola - racconta a Martas Herzbruch -. Ho vissuto a Trieste durante la mia infanzia ed ho ricordi molto precisi: nuotare, mangiare gelati, andare al cinema la sera. E poi sono cresciuta con la Bora, e anche lei mi manca. Come i migranti, i venti non si possono fermare, sono la metafora del viaggio e quindi anche della vita d'una persona senza radici, come me».

Completa il Piccololibri l’album centrale dedicato a “La donna del sabato” che è l’attrice triestina Emanuela Grimalda che vive a Roma da molti anni. «Stavo girando “Un medico in famiglia”, era il 2012, e a un certo punto il mio agente mi ha detto che c’era un provino per il film “Manuale D’Amore 3” con Michele Placido, Monica Bellucci e De Niro - racconta a Elisa Grando -. Interpretavo una sua vicina di casa pugliese, lui recitava in italiano. È stato il mio attore feticcio, sono cresciuta col cinema americano, e quando l’ho visto mi è sembrato di vedere Topolino: una di quelle icone americane che pensi non esistano».

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