Condannata come strega, poi riabilitata e beatificata: al teatro Verdi di Trieste il coraggio di Giovanna d’Arco
La Lezione della storica Muzzarelli ha appassionato l’affollata platea Prossimo appuntamento il 5 marzo: si parlerà di Virginia Woolf
Francesco Codagnone
TRIESTE «Giovanna D’Arco, donna in armi, eretica, beata, ribelle». Ragazza di umili origini, improvvisamente protagonista della fase finale della Guerra dei Cent’anni. È una donna, ma combatte come un uomo. È una vergine cristiana, ma veste abiti maschili. Sente voci dall’alto, ma rifiuta la Chiesa. Condannata come strega e poi riabilitata fino alla beatificazione, oggi simbolo dell’identità francese. Ritenuta paladina di diverse cause, Giovanna D’Arco, fu, soprattutto, una donna coraggiosa, una ribelle.
«Crepare di maggio, ci vuole tanto, troppo coraggio». Una citazione di De Andrè, con la quale la storica Maria Giuseppina Muzzarelli ha catturato l’attenzione di un’affollata platea del teatro Verdi, ieri al completo per il quarto incontro delle Lezioni di Storia. «E questi sentimenti, il coraggio e il mese di maggio, torneranno più volte nel nostro racconto». Nel corso dell’appuntamento, introdotto dal giornalista Pierluigi Sabatti e inserito nel ciclo ideato dagli Editori Laterza, promosso dal Comune di Trieste e organizzato con Fondazione CRTrieste, media partner Il Piccolo, la docente di storia medievale si è addentrata in una appassionata ricostruzione di quella figura mitica e complessa.
Giovanna D’Arco fa la sua comparsa in fase avanzata di quella guerra che contrapponeva Francia e Inghilterra. Una «bambinetta» analfabeta, che dice di sentire le voci di Dio e degli angeli. Non dovrebbe essere capace di cavalcare o combattere, eppure indossa abiti maschili, e si reca alla presenza di Carlo di Valois. Riesce a farsi ascoltare, si fa dare un cavallo, un’armatura e a farsi mettere a capo di un esercito. Nel «maggio della gloria» del 1429, la «pulzella» guida l’esercito francese alla liberazione d’Orleans. Il Delfino viene incoronato a Reims e a quel punto Giovanna vorrebbe andare alla conquista di Parigi, ma qui comincia la sua fine. Nel «maggio della caduta» del 1430, Giovanna viene catturata e il sovrano non muove un dito.
Segue il processo, iniquo, doloroso. Per la chiesa è inaccettabile che Giovanna abbia un rapporto diretto con Dio. Lei, però, si dice cristiana, e l’unico addebito indiscutibile è che indossa l’abito maschile. Lei in un primo momento accondiscende a riconoscere l’autorità della Chiesa, ma all’ultimo momento viene ritrovata in carcere nuovamente vestita in abiti da uomo. Eretica, strega: il rogo è inevitabile. Nel «maggio della morte» del 1431, Giovanna viene arsa viva. Negli anni a seguire, verrà riabilitata, poi beatificata e infine proclamata santa patrona di Francia. Icona femminista, eroina nazional popolare di destra o cripto-omosessuale di sinistra. Nei fatti, al di là delle interpretazioni, una donna coraggiosa. Una ribelle che ha perso e che ha vinto. «Morire di maggio, morire per un ideale, ci vuole tanto coraggio. E Giovanna l’ha avuto».
Si tornerà a lezione di storia domenica 5 marzo. Partendo dal celebre romanzo “Orlando” di Virginia Woolf, la giornalista e storica delle donne Valeria Palumbo cercherà di rispondere a una delle domande del nostro tempo: «Che cosa definisce l’essere donna?». La scrittrice ha vissuto il suo essere donna come un dilemma, per la consapevolezza di essere per questo messa in un angolo. Ma le era stato concesso di leggere e di scrivere romanzi.
E la Woolf ne ha subito approfittato, scardinando i principi del mondo e squarciando lo sguardo maschile.
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