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Tutte le cineserie dell’Arciduca esposte a Miramare

Rispuntano al Castello le collezioni d’arte orientale raccolte da Massimiliano d’Austria nei suoi viaggi

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TRIESTE Oriente mon amour: sulla scia delle scoperte del nuovo mondo e della formazione delle colonie, nel Settecento l'universo occidentale e l'Europa in particolare scoprono l'Oriente e con esso il concetto di esotico, che ben presto si fa moda, inizialmente soprattutto per le upper class. Senza scomodare il Parini del secolo dei Lumi e il Mattino del giovin signore, in cui il poeta rammenta le proprietà benefiche dell'esclusivo cioccolato, bisogna dire che a metà Ottocento in Europa non c'era dimora glamour che non avesse il suo angolo addobbato con cineserie o giapponeserie.

Altro discorso va fatto per l'arciduca Massimiliano d'Austria, comandante in capo della Marina asburgica, grande appassionato di viaggi - ricordiamo quello scientifico organizzato a bordo della "fatal Novara", che circumnavigò la terra - che univa all'amore per l'esotico una grande cultura. Per lui le collezioni d'arte e di artigianato orientale non rappresentavano solo un vezzo mondano, bensì l'autentica testimonianza di momenti importanti vissuti, viaggiando o leggendo, alla scoperta del mondo e delle sue diverse culture e tradizioni. Non per nulla Miramar, di cui il Carducci scrisse "nido d'amore costruito invano", rappresenta uno scrigno prezioso che ancor oggi appare inesauribile. Ed è dalle collezioni, in parte anche segrete ai più, che la dimora arciducale detiene ancor oggi, che prende il via una raffinata rassegna, molto interessante sul piano estetico, storico e sociale: "Massimiliano e l'Esotismo. Arte Orientale nel Castello di Miramare", organizzata in occasione dei centocinquant'anni dalla morte di Massimiliano, avvenuta il 19 giugno 1867 in Messico, e visitabile fino al 28 maggio al primo e al secondo piano. Già la presentazione della mostra, avvenuta ieri con la partecipazione del direttore del Polo Museale FVG Luca Caburlotto, del direttore ad interim del Museo Storico e del Parco del Castello di Miramare Corrado Azzolini e di Rossella Fabiani, che da anni segue la direzione culturale del museo, si è trasformata, dopo i loro interventi, in un'esaustiva visita guidata condotta da Francesco Morena, co-curatore con Fabiani dell'esposizione, che ha coinvolto anche una gran folla di turisti.

"La prima mattina in Asia Minore, la prima mattina nell'impero ottomano ci sorrise cordialmente: davanti a noi c'era l'Oriente con i suoi tesori, con la sua vegetazione, con le sue mille illusioni dei sensi; davanti a noi si apriva il fiore dell'Asia, il mondo dei sogni a lungo coltivati" scrive il romantico arciduca nel suo diario intitolato "Il mio primo viaggio", che dal settembre al novembre 1850 lo condusse, appena diciottenne, da Trieste a Smirne, passando per la Dalmazia e la Grecia. Da questo e da altri viaggi Max portò a Trieste porcellane, lacche, arredi, sculture e suppellettili di vario genere, ma anche dipinti, litografie, iscrizioni arabe ed esemplari della produzione europea e americana ispirate all'arte orientale, la cosiddetta Cineseria. Termine che identifica in maniera molto ampia tutto ciò che in Europa aveva a che fare con l'Asia orientale, dal collezionismo di manufatti alla realizzazione di gabinetti in stile, dalla produzione europea di oggetti d'ispirazione asiatica all'influenza che la Cina e i territori limitrofi ebbero sulla filosofia, sul teatro e sulla letteratura europei. Questi oggetti vennero però in parte acquistati da Massimiliano e Carlotta anche al Gabinetto Cinese Wunsch, negozio aperto a Trieste negli anni '40 dell'800, che al piano terra vendeva pasticcini e a quello superiore cineserie e oggetti esotici. Secondo un accoppiamento modernissimo di offerte plurime e diversificate, concept oggi proposto come novità nelle città più importanti del mondo.

Certamente Trieste, città in cui il commercio marittimo con la Cina risaliva a fine '700 e dove c'era pure il Caffè Orientale, porto da cui salpavano i piroscafi del Lloyd, tra i primi a utilizzare il Canale di Suez, le fregate e le corvette della Marina austriaca impegnate a circumnavigare il globo e dove le navi partite per l'Oriente, ritornavano cariche di merci, souvenir e impressioni di terre lontane, rappresentò per l'arciduca un luogo privilegiato in cui attingere e scoprire oggetti, idee e cultura esotici.

Di questa sua colta passione, che gli schiudeva orizzonti sconosciuti quali l'India, la Cina e il Giappone, che non aveva ancora visitato (e probabilmente lo avrebbe fatto se non fosse stato ucciso a soli 35 anni in Messico), la mostra ci racconta anche i prodromi, esponendo alcune deliziose e intense tempere su carta, firmate da Germano Prosdocimi intorno al 1855, che sembrano delle scenografie. E sono invece la rappresentazione del giardino d'inverno e del salotto orientale di Villa Lazarovich, la prima residenza triestina dell'arciduca, nell'attuale via Tigor: vedute in cui compaiono diversi oggetti presenti in mostra, come per esempio l'iscrizione araba e alcuni vasi. I manufatti esposti fanno riferimento a un arco temporale che va da fine '500 a metà '800, poiché assemblano pezzi antichi ad altri prodotti in stile orientale ai tempi dell'arciduca. Sono ovviamente oggetti di alto livello, degni di una dimora aristocratica, tra cui emerge, nella sala del trono, un superlativo paravento messicano del 1719, raffigurante un'intensa scena di vita cinese, preziosità unica in Italia di Cineseria coloniale. Di grande eleganza - degna appunto di un re - anche lo stipo giapponese in legno arricchito di intarsi di madreperla d'inizio '600, realizzato per il mercato portoghese, una scultura di porcellana dipinta dalla policromia esuberante, ancora giapponese, di fine '700, raffigurante un leone seduto, e due spettacolari vasche da pesci in porcellana cinese della metà del secolo XVIII. L'arte indiana è invece rappresentata da un sobrio e raffinato stipo di Goa in legno di cedro con intarsi in ebano e avorio, raro nelle collezioni italiane. Interessanti anche alcune interpretazioni di motivi di gusto orientaleggiante o esotico, realizzate in porcellana ungherese Herend dipinta a mano, di cui Max era appassionato. Un'infatuazione condivisa, si potrebbe definire quella dell'arciduca per l'Oriente, poichè raggiunge il suo acme nel Salotto Cinese e in quello Giapponese, che riflettono una moda seguita con entusiasmo anche da altri membri della famiglia imperiale, i quali avevano realizzato simili stanze - forse oggi per noi un po' kitsch - nelle residenze di Vienna e Schönbrunn.

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