«Sulla centrale A2A grandi dibattiti e tempeste in un bicchiere d’acqua, ma pochi i fatti». Così esordisce il consigliere del Pdl di Staranzano, Adriano Ritossa, che osserva: «Non serve essere un’ingegnere chimico e avere nozioni di calcolo stechiometrico per comprendere ciò che viene immesso in atmosfera dalla centrale e cosa si possa trovare nelle ceneri a seguito della combustione. Nella centrale furono bruciate pure le “farine animali” su autorizzazione della Provincia, presidenza Brandolin». Ritossa ricorda i cambi di proprietà, Enel, Endesa, Eon e A2A e aggiunge: «Oggi A2A non se la passa troppo bene finanziariamente, per cui è da presumere che gli investimenti sull’impianto di Monfalcone, pur necessari, saranno lasciati a tempi migliori». Il consigliere cita alcune norme: le polveri totali sospese e il Dm 25.11.1994 che definisce i livelli d’attenzione e allarme; gli obiettivi di qualità per idrocarburi policiclici aromatici e le Pm 10 con annesso il Dm del 2.4.2002, a cui fanno seguito le Pm 2,5, polveri sottili; i valori limite di qualità dell’aria per piombo, fluoro, Nmhc (idrocarburi non metanici) o i valori guida qualità dell’aria Pts (Dpr 203/’88). Ci sono poi i valori stabilitì dalla Ue in Bat (“migliori tecnologie disponibili”) e le norme Ippc (direttiva 96/61/Ce e Dl 59/05). «L’industria fa bene cercare il profitto, sono però le istituzioni pubbliche a dover porre adeguati paletti. Il territorio però ha accettato compensazioni economiche. I sindaci inoltre sono responsabili della salute pubblica e rischiano l’omissione di atti d’ufficio per non aver fatto quanto in loro potere per salvaguardare l’incolumità dei cittadini, quantomeno in attuazione del principio di precauzione. Dopo decenni di funzionamento della centrale, s’ammette che la rete di monitoraggio dell’impianto deve passare all’Arpa che garantirà la pubblicazione dei dati e che si misureranno anche le Pm 2,5, ammettendo incidentalmente che ad oggi s’è fatto ben poco».
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