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Il friulano a scuola dal prossimo anno

Maggioranza divisa ma Molinaro difende la scelta: «L’inserimento negli istituti avverrà comunque con gradualità». Il consigliere Bucci: "Una marchetta da sagra di paese"

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TRIESTE. Zaino, merenda e friulano. Ora è realtà. In Friuli Venezia Giulia il prossimo anno scolastico la lingua approderà in classe assieme all’italiano, alla matematica e alla geografia. Dunque direttamente nell’orario curriculare, per le famiglie che ne faranno richiesta, e non più soltanto nei progetti formativi extra. Per i bambini che non parteciperanno sono previste altre attività. Così come avviene di norma con la religione.

La questione, inevitabilmente, riscalda gli animi e agita i campanili. «Una marchetta elettorale, roba da sagra», s’infervora il Pdl triestino.

La decisione della giunta regionale interessa tutte le scuole d’infanzia e le elementari dei Comuni del Friuli Venezia Giulia appartenenti all’area friulanofona: provincia di Udine, gran parte della provincia di Gorizia e della provincia di Pordenone. Per quanto riguarda le medie, per il momento, si continua con i percorsi a progetto. «Siamo finalmente riusciti a dare attuazione alla legge – spiega l’assessore all’Istruzione Roberto Molinaro (Udc) – ma l’inserimento negli istituti scolastici dovrà avvenire con una certa gradualità. Da una parte per una questione di costi (sono fondi regionali, ndr) dall’altra perché dobbiamo tenere conto degli insegnanti a disposizione. Quando avremo un quadro generale potremo estendere l’insegnamento alle scuole medie».

L’onda friulana, dunque, non si ferma qua. Piero Camber e Maurizio Bucci, due dei quattro consiglieri regionali del Pdl triestino, cercano di dare fondo alla diplomazia per commentare. Ma non ce la fanno proprio. «Ma stiamo scherzando? Non bastavano le provocazioni di Violino su Barcolana e vino? – si arrabbia Bucci – ora anche il friulano di Molinaro nelle classi. Basta, è un campanilismo sfacciato. Ma a cosa serve il friulano? A trovare lavoro forse? Ma dai. Ovviamente nelle scuole di Trieste non ci sarà nessun riscontro su questa decisione della giunta, perché qui da noi si insegnano lingue utili: l’inglese o una seconda e una terza lingua, comprese quelle slave visto che siamo una regione di confine. Insegnare il friulano a scuola non serve a niente – riflette il consigliere – è una marchetta elettorale a qualcuno. Una marchetta da sagra di paese».

Piero Camber è preoccupato: «Forse è solo un modo per creare posti di lavoro. Ma ricordiamoci che questo è un autentico danno che stiamo facendo ai nostri figli. I soldi li mette la Regione, ricordiamolo, e potrebbero essere impiegati molto meglio. Per studiare altre materie, altre lingue. Non ho niente in contrario nei confronti del friulano – osserva ancora il consigliere triestino del Pdl – però credo che questa lingua, così come i dialetti, si debbano imparare in famiglia, non in classe. Sono tradizioni che si tramandano a casa, in teatro, nella produzione letteraria. A scuola si devono insegnare bene l’inglese e le materie utili per l’ingresso nel mondo del lavoro e nella società, oramai globale. Non di certo il friulano».

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