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«Ferriera, rischio chiusura a fine mese»

La minaccia di Calcagni della Lucchini. La centrale termoelettrica non paga il gas da 10 mesi, in ballo mille posti

2 minuti di lettura

di Fabio Dorigo

La Ferriera di Servola si spegne il primo febbraio. E non per la mancanza di materie prime (situazione che aveva portato allo sciopero dei sindacati una settimana fa) ma per decisione della Lucchini Severstal, il gruppo che gestisce l’impianto siderurgico. Il necrologio è stato annunciato ieri mattina all’incontro in Prefettura chiesto dalle organizzazioni sindacali. Lo spettro peggiore, quello della chiusura, si è materializzato. «Se il Gruppo Lucchini non riuscirà a recuperare la liquidità necessaria, gli impianti della Ferriera di Servola si fermeranno dal primo febbraio. L’ha comunicato l’amministratore delegato dello stesso gruppo, Marcello Calcagni, in un incontro oggi in Prefettura con Rsu e rappresentanti di Cgil Cisl e Uil, al quale il prefetto ha fatto da mediatore». La nota dell’Ansa, diffusa dopo l’incontra nel Palazzo del Governo di piazza Unità, è diventata la posizione ufficiale dell’azienda. All’incontro al Palazzo del Governo, assente il prefetto Alessandro Giacchetti (in sua vece il viceprefetto Pietro Giardina) erano presenti anche Enrico Casciello, direttore stabilimento di Trieste e Aldo Scapellato, responsabile relazioni sindacali.

Due i nodi che ostacolerebbero la Lucchini nel reperimento dei fondi necessari a proseguire la produzione. Il primo problema sarebbe legato alla scarsità di fondi a disposizione del colosso siderurgico per ottemperare al piano di asseveramento del debito omologato dal tribunale di Milano. Il secondo è la causa in corso fra l’azienda e la proprietà di Elettra, la centrale di cogenerazione che produce energia sfruttando i gas di risulta dell’impianto siderurgico, debitrice nei confronti della Lucchini di 46 milioni di euro. «Che non sono poche lire» precisano dall’azienda.

L'emergenza attuale – che era stata anticipata qualche giorno fa dalla Lucchini alla Regione e al Comune di Trieste e ufficializzata ieri in Prefettura davanti alle organizzazioni sindacali – non è la liquidità del gruppo (che del resto ha appena incassato 352 milioni dalla vendita della controllata francese Ascometal) ma il fatto che l’Elettra che gestisce la centrale termoelettrica non paga la fornitura di gas da quasi dieci mesi per il contenzioso legato a una fornitura pessima che avrebbe creato danni alle turbine: la Lucchini ha un credito scaduto di 36 milioni di euro e un'altra decina di milioni in scadenza. Una bolletta mensile pari a circa 4 milioni di euro.

L’amministratore delegato Calcagni avrebbe assicurato ieri mattina che il piano di ristrutturazione del gruppo prevede la continuità operativa e produttiva di Trieste, perlomeno fino al 31 dicembre 2015, ma se il problema con Elettra non venisse risolto entro fine mese la situazione diventerebbe insostenibile per Trieste e per l'intero Gruppo Lucchini Severstal che sarebbero costretti a bloccare la fornitura di gas dal primo febbraio, fermando di fatto la produzione dello stabilimento. E di conseguenza, a caduta, bloccando anche la fornitura di ghisa alla Sertubi. Un corto circuito che metterebbe a rischio il sistema industriale. Elettra, infatti, vive in regime di Cip6 (gli incentivi previsti per la produzione di energia in scandenza nel 2015) e vende l’energia prodotta allo Stato italiano. E il fatto che non paghi la fornitura di gas, mentre incassa regolarmente i soldi dallo Stato, risulta incomprensibile ai profani. Per questo serve un chiarimento a livello istituzionale. E così dovrebbe esserci il 24 gennaio alle 12 in Regione (presidenza della giunta regionale).

Il sindaco Cosolini, d’intesa con gli assessori regionali Federica Seganti e Sandra Savino, ha promosso subito un tavolo di confronto tra Lucchini e Elettra per tentare di sciogliere il contenzioso. «Aldilà di aspetti commerciali - spiega Cosolini - le ricadute di questo contenzioso rischiano di essere dirompenti per la città. Una situazione pericolosissima». Mille posti di lavoro sono a rischio.

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