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Accordo Serbia-Kosovo sui confini settentrionali

Ai valichi doganieri di Belgrado e di Pristina assieme all’Eulex I ribelli non accettano la soluzione e “scomunicano” il mediatore Stefanovic

2 minuti di lettura

di Mauro Manzin

TRIESTE

Dopo il morto di Kosovska Mitrovica di pochi giorni fa il dialogo tra serbi e albanesi per cercare di sciogliere il nodo gordiano del Kosovo sembrava definitivamente interrotto. Invece la paziente opera di mediazione europea ha portato a casa un importante quanto inatteso risultato. Belgrado e Pristina, infatti, secondo quanto rivelato dall’autorevole quotidiano Koha Ditore, hanno raggiunto un accordo sul controllo dei confini tra i due Paesi.

Ricordiamo che proprio tale questione aveva portato agli scontri e alle barricate nel Nord del Kosovo con la minoranza serba asserragliata nella propria “resistenza” al sopraggiungere sulle frontiere dei doganieri kosovari nel luglio scorso.

Il mediatore dell’Unione europea, Robert Cooper è stato venerdì scorso a Pristina dove si è incontrato con la mediatrice kosovara Editha Tahiri in una riunione a porte chiuse dedicata al prossimo riavvio del dialogo con la controparte serba e con il suo mediatore Borislav Stefanovic. Nel corso dell’incontro sono stati delineati i contorni dell’accordo sui confini che diventa così parte integrante del dialogo tra Belgrado e Pristina anche se a questo “percorso” si era all’inizio opposto lo stesso premier kosovaro Hashim Thaci. La richiesta di un controllo a tre dei confini (dogana serba, dogana kosovara ed Eulex) era stata presentata già in ottobre dal serbo Stefanovic a Cooper. Belgrado voleva che tale formula fosse valida solo per le frontiere di Jarinje e Brnjak, ma Bruxelles ha preferito una soluzione generale e uguale per tutti e sei i posti di frontiera tra i due Paesi ex jugoslavi. Il compromesso però è stato rifiutato dall’assemblea dei sindaci delle città serbe del Nord del Kosovo la quale ha ribadito che ai valichi devono scomparire i doganieri kosovari poichè non si tratta di confini internazionali ma di confini all’interno dello stesso Stato (per loro il Kosovo è Serbia). Contro Stefanovic hanno anche emesso una sorta di denuncia penale e lo hanno disconosiuto del ruolo di mediatore. E hanno proclamato unilateralmente come nulli tutti i risultati fin qui raggiunti da Belgrado e Pristina nel loro lavoro negoziale. «Il fatto che uno dei doganieri sia serbo - hanno scritto in un documento i sindaci serbi ribelli - non significa nulla visto che lui porta solo il nome serbo, mentre in servizio indossa le uniformi e i simboli dell’autoproclamato Stato del Kosovo».

La situazione, dunque, sembra tutt’altro che risolta. L’accordo sui confini certo sblocca il dialogo tra Belgrado e Pristina e questo è un valore aggiunto che Belgrado riesce a portare a livello europeo nel suo processo di avvicinamento all’Ue. Ma è anche un successo per Pristina in quanto implicitamente la Serbia riconosce così la sussistenza di un confine internazionale tra i due Paesi. Obiettivamente a cantare vittoria può essere però solo l’Unione europea che ridà così un ruolo alla propria missione in Kosovo, l’Eulex, che solo qualche settimana fa era stata pesantemente criticata proprio dai ribelli serbi del Nord del Kosovo che avevano chiesto il reinvio, al suo posto, di un contingente Onu nell’area. La situazione sul campo resta quindi incandescente con i ribelli serbi che si sono trasformati ormai in una variabile “impazzita” e incontrollabile, anche perché Belgrado si è smarcata dalle loro posizioni oltranziste. Paradossalmente ora la questione è ancora più pericolosa e l’intera regione diventa ancor più infiammabile.

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