Multe, ricorrere al giudice adesso costerà 370 euro
Un deterrente per gli automobilisti che ogni anno a Trieste inviano 200 esposti. Con le nuove norme dovranno essere assistiti da un legale

di Claudio Ernè
Da 77 a 374 euro: un aumento vertiginoso di costi.
Lo ha applicato dal 6 ottobre scorso il Governo Berlusconi a tutti gli automobilisti e camionisti che intendono ricorrere al giudice di pace per impugnare il provvedimento con cui la polizia stradale, i carabinieri o i vigili urbani hanno ritirato la loro patente di guida. Dovranno mettere mano al portafoglio perché il Decreto legislativo numero 150 ha cambiato le regole e ha applicato a questi ricorsi il cosiddetto “rito del lavoro”. Un aumento proporzionale ma non così pesante coinvolge anche gli altri ricorsi contro le sanzioni pecuniarie applicate per aver violato qualche disposizione del Codice della strada. In sintesi per far valere le proprie ragioni ed ottenere Giustizia, il cittadino dovrà pagare allo Stato cifre considerevoli che un tempo poteva risparmiare.
Siamo in presenza dell’ennesimo paradosso perché nelle intenzioni del legislatore il cambiamento introdotto qualche giorno fa doveva rappresentare una razionale semplificazione nei rapporti tra cittadino e Stato; al contrario si è rivelato alla prima prova dei fatti un pesantissimo aggravio di spesa per chi vuol ricorrere e una nuova inaspettata mole di lavoro per i già boccheggianti uffici del Giudice di pace, dove gli organici dei magistrati e del personale di cancelleria sono ridotti al lumicino.
A Trieste operano cinque dei 15 giudici previsti dall’organico. Dieci posti sono vuoti, “vacanti” da anni. Ancora peggiore è la situazione nella cancellerie dove da più di dieci anni l chi va in pensione non viene sostituito. Lo ha deciso il Ministero per “risparmiare”. Ma lo Stato non paga nemmeno le ore di lavoro straordinario effettuate dai suoi dipendenti; basta dire che per tutto il 2010, ai funzionari e impiegati dell’Ufficio del giudice di pace di Trieste, sono state pagati complessivamente 400 euro per lavoro straordinario. Poco più di 40 euro a persona, quattro euro al mese s ferie escluse.
Ma ritorniamo alle multe. Non solo sarà più costoso ricorrere al magistrato per far valere i propri diritti, ma i tempi per contestare le sanzioni sono stati dimezzati. Non più 60 giorni dalla notifica, ma solo trenta. Poi subentra l’inammissibilità e la vicenda si chiude definitivamente.
Ma non è finita. Per presentare ricorso secondo le nuove regole del rito del lavoro, il cittadino difficilmente potrà agire da solo: dovrà ricorrere a un legale perché già nel primo atto presentato al giudice dovranno essere indicate le fonti di prova, il verbale che sta alla basse del ricorso e viene impugnati. Dovrà essere pagato contestualmente anche il cosiddetto “contributo unificato”, il nuovo balzello introdotto dal governo per fare cassa.
«Dubito che singole persone siano in grado di conoscere i dettagli del rito del lavoro che prevede rigide formalità» afferma Francesco Pandolfelli, coordinatore dei giudici di pace di Trieste. «Se queste formalità non vengono rispettate, il nuovo Decreto legislativo fa decadere il ricorso che non verrà nemmeno discusso. Inoltre a noi giudici è stata tolta la possibilità di sostituirsi alle parti, chiamando ad esempio in aula un testimone che riteniamo indispensabile. Il 60 per cento dei 200 fascicoli che trattiamo ogni anno - senza citare i decreti ingiuntivi- è rappresentato da ricorsi contro sanzioni collegate al Codice della Strada. Col cambiamento di rito, l’aggravio di lavoro e di tempi per assumere una decisione sarà notevole e pesantissimo. Forse anche insopportabile».
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